venerdì 28 dicembre 2007

Sarkosismi

Nicholas Sarkozy va ben oltre la politica che assume le dimensioni e i tempi dei media.
Già Roland Barthes in uno dei Miti d'oggi, intitolato "Fotogenia elettorale" scrisse: "l'effige del candidato stabilisce un legame personale fra questo e gli elettori; il candidato non dà a giudicare solo un programma, propone un clima fisico, un insieme di scelte quotidiane espresse in una morfologia, un modo di vestire, una posa (...). Nella misura in cui la fotografia è ellissi del linguaggio e condensazione di tutta una sociale, essa costituisce un'arma anti-intellettuale, tende a schivare la politica (cioè un corpo di problemi e di soluzioni) a vantaggio di un modo di essere, di uno statuto socio-morale." Parole scritte a metà anni Cinquanta, che oggi ci appaiono profetiche.
Sarkozy ha elaborato la forma più estrema di mediatizzazione della politica. Egli utilizza la sua stessa vita privata per proporre ai francesi un racconto che al contempo oltrepassa e arricchisce il suo discorso politico. Le vicende private, la sua stessa personalità, diventano parte della sua proposta politica, diventano uno strumento che di volta in volta viene usato per esaltare, mascherare, spiegare, distogliere l'attenzione e la riflessione dei francesi sulle sue iniziative politiche.
In questo senso il presidente francese è un vero politico post-moderno: la sua figura è polisemica, in quanto le sue iniziative pubbliche e private non hanno soluzione di continuità e possono essere valutate, seguite e richiedere un'adesione in termini esclusivamente politici oppure essere lette come un feuilletton mediatico, a seconda della cultura e dell'alfabetizzazione politica dei cittadini. La scelta fondamentale è quella di occupare la scena mediatica e politica, consci che oramai non vi è più cesura tra le due dimensioni. L'assoluta (o almeno ostentata) mancanza di imbarazzi per ogni passaggio della propria vita privata rafforza il personaggio politico nei termini in cui si racconta: uomo duro ma amante della famiglia, capace di sopportare con dignità il tradimento e di tradire lui stesso, di perdonare per amore della famiglia ma di proporre un modello di famiglia allargata che non spiace alla gauche, di portare la fede dopo il divorzio e poi di partire repentinamente in vacanza con la nuova fidanzata.
Come il partito pigliatutto, anche la personalità polisemica di Sarkozy manda messaggi multipli e contraddittori che possono essere colti e interpretati dai vari elettori/spettatori secondo i propri principi.
Solo un dubbio riguarda questo modello, che sembra destinato a venire rapidamente imitato in giro per il mondo. La domanda è: fino a quando riuscirà a gestire in maniera efficace questa commistione di pubblico e privato? e che formula troverà per gestire sul periodo lungo gli inevitabili insuccessi pubblici e privati? si stancheranno i francesi di questo modello? e quando?
Abbiamo sette anni per capirlo.

lunedì 24 dicembre 2007

Natale e Grilli parlanti

Sono persuaso che la crisi che stiamo attraversando (crisi di sistema e che sarà molto lunga, a mio avviso) cambierà profondamente la società italiana. Non so se in meglio o in peggio, di certo la gente si sta stancando di un mondo di cartapesta colorata e luminescente che per anni il marketing e la comunicazione le hanno propinato. Si avranno meno soldi e ci si vorrà sentire gratificati per come li si spenderà, o risparmiando o almeno dandoli ad aziende, associazioni, enti pubblici o singoli professionisti che li hanno davvero meritati.
Avremo tempo nei prossimi post per segnalare gli esempi di questa trasformazione.
Per ora vi segnalo un post di Beppe Grillo. Si può essere d'accordo o meno con lui, eppure rappresenta l'insoddisfazione che attraversa tutti noi quando pensiamo alla politica, al lavoro di tutti i giorni, alla società italiana in questa fase.

BC

Da www.beppegrillo.it/
Domani è Natale e un terribile delitto lo annuncia come una stella cometa. Una signora di Bassano del Grappa è stata uccisa e fatta a pezzi. Il suo prezzo di mercato era stato fissato in 800.000 euro dai rapitori. Si chiamava Iole Tassitani, era figlia di un notaio, viveva sola con i suoi gatti, aveva 41 anni.
Il Natale mercificato ha avuto la sua vittima sacrificale. Natale è un punto di arrivo, la celebrazione del consumismo e del denaro. Di sacro è rimasto solo il conto corrente. Tutto si pesa in soldi. La vita delle persone, gli organi di un bambino, l’acqua, l’aria. Un capitalismo di cartapesta avvelenato dai prestiti che rovinano la vita, inventato dalla televisione che crea soldi da scatole in prima serata e da domande di prima elementare.
Il sesso è business, nei marciapiedi, nei calendari, nelle compravendite di senatori. La politica è tangenti, corruzione, frode fiscale, false fatturazioni, corruzione giudiziaria, finanziamenti illeciti. I 24 parlamentari condannati, quasi tutti, sono colpevoli di avidità.
Mi ricordo, da bambino, la corsa al cotechino al centro di un grande piatto di risotto in comune. Chi mangiava più velocemente arrivava al cotechino. Non c’è più quella competizione e neppure il cotechino al centro del piatto. Lo mangiano sempre prima in cucina.
La contraddizione di un Paese ossessionato dal miraggio della ricchezza facile e senza soldi dove ci porterà?
La gente non si rassegna ad essere povera, se non può essere ricca, deve almeno far finta. L’apparenza del nulla costruita sui debiti.
Quanto vale il denaro non necessario per vivere? Nulla, anzi è un debito, lo paghiamo con il nostro tempo, con i nostri affetti. E’ una droga che fa impazzire la società. Più della cocaina, più dell’eroina. E genera mostri che uccidono.
Non indebitatevi più, se potete, e a Natale date un bacio ai vostri figli e anche ai vostri nonni da parte di Beppe. Buon Natale!

sabato 22 dicembre 2007

Auguri di buone feste

Le feste di fine anno: momento di riflessione, occasione per tirare le somme dell'anno che si chiude, per ponderare le scelte per il futuro.
Piuttosto che frustre cartoline innevate e Babbi Natale rubicondi, il mio omaggio a tutti voi è il video di una canzone di Franco Battiato, Vite Parallele, con l'auspicio che nel 2008 possiate tutti trovare, tra le tante opportunità parallele dell'esistenza, quella che più vi realizzi.
BC

venerdì 21 dicembre 2007

Aforisma

Non capisco le donne. E anche se riuscissi a capirle penso che poi preferirei non averle capite.

lunedì 17 dicembre 2007

Aforisma

I morti sono innocenti perché non ricordano.

sabato 15 dicembre 2007

Blog e lavoro (sperato o sofferto)

Quella che segue è una directory di siti e blog che parlano di lavoro, non lavoro, precariato, poco salario, stages schiavistici, capi sclerati, colleghi depressi e tutte le storture che un essere umano affronta oggi in Italia per cercare, mantenere, cambiare lavoro.
Si è liberi di (e invitati a) indicare nei commenti altri siti simili.
Avvertenza: le lettrici e i lettori in depressione da lavoro sono pregati di non leggere ogni giorno più di due dei siti di seguito indicati per evitare l'aggravarsi della propria condizione.

www.chainworkers.org/
www.intelligence.precaria.org/
www.generazione1000.blogspot.com/
www.precarie.wordpress.com/
www.bloglavoro.com/
www.diversamenteoccupati.it/
www.storiedilavoro.it/
www.lavoro.blog.kataweb.it/
http://jobtalk.blog.ilsole24ore.com/

giovedì 13 dicembre 2007

So what?

In certe cupe giornate invernali, in cui la nebbia interiore si confonde con quella nelle strade, è bello ascoltare la musica di grandi artisti come Miles Davis e John Coltrane.

sabato 8 dicembre 2007

Viva Luttazzi

Ora, lo sappiamo tutti e lo diciamo e sentiamo dirlo tutti i giorni che l'Italia e' un paese di merda, che piu' o meno significa che siamo coscienti di avere una classe dirigente tra le peggiori dell'Europa Occidentale. Fatta questa prolissa premessa mi chiedo cosa significa il farneticante comunicato de La7 (http://www.la7.it/tv/dettaglio_prog.asp?id_program=17084) che ha sospeso Decameron di Daniele Luttazzi poiche' reo di aver offeso un mammasantissima del potere non solo mediatico come Giuliano Ferrara. La7 dice a Luttazzi: ti davamo totale liberta' espressiva, ma da usare con moderazione! Un po' come dire: sei libero di fare sesso con il tuo partner come preferisci, ma e' meglio se fai solo petting! Un approccio ipocrita, nella migliore tradizione moralistica del cattolicume italiano.
In un paese dove si leggono (se si leggono ancora per intero nei Licei) solo le novelle meno vitalisticamente erotiche di Giovanni Boccaccio, dove non si conosce Plauto se non come paragrafo di storia della letteratura latina, si poteva solo scommettere su quanto sarebbe durato Luttazzi, nonostante il successo strabordante di pubblico.
Forse quest'episodio spiega di piu' l'Italia di oggi che le ricerche e gli slogan a uso dei media del Censis.
Buonanotte!

mercoledì 5 dicembre 2007

Immagine o reputazione?

Arriviamo subito al dunque: il passaggio da una buona immagine a una buona reputazione si gioca nel rapporto con il cliente.
Pochi giorni fa ero in una riunione di lavoro in cui un presunto consulente di comunicazione (oramai anche i pr da discoteca si autodefiniscono cosi') proponeva di fregarsene dei clienti, di rafforzare l'immagine dell'azienda realizzando dei biglietti da visita con il logo in foglia d'oro (sic!!), di realizzare qualche evento "memorabile". "Noi dobbiamo dare l'idea di forza e basta, perche' dovremmo impelagarci a dialogare con i clienti? e poi se quelli si lamentano di qualcosa chi li dovrebbe gestire?", argomentava il grande comunicatore. Ora, premesso che se uno interpreta la comunicazione come un monologo dovrebbe andare a rileggersi la definizione del termine sul vocabolario, si tratta di capire quale valore aggiunto un comunicatore dovrebbe sapere offrire.
Se la comunicazione deve legarsi alla strategia aziendale ed essere sviluppata in funzione di obiettivi quantificabili, oppure essere una forma di autogratificazione, una forma di rassicurazione riflessiva dell'impresa, succedanea per importanza e budget a tante altre funzioni.
Bisognerebbe finalmente oltrepassare il mondo dell'advertising, delle media relations, della brand awareness per indirizzarsi verso i concetti di corporate reputation e di integrazione tra marketing comunicazione e pr. E infine considerare i clienti una risorsa reputazionale e cognitiva, oltre che economica.
Ritengo che un buon customer care valga piu' di una campagna pubblicitaria milionaria fine a se stessa. E che un personale capace di spiegare bene ed efficacemente un offerta commerciale valga piu' di un'intervistona autocelebrativa all'amministratore delegato.
In quest'ottica la comunicazione,lungi da restare confinata in un dipartimento, attraversa tutte le funzioni aziendali e rende omogenei messaggi e strategie interne ed esterne dell'impresa.
L'alternativa e' rimanere ancorati al concetto di immagine, che sempre piu' assomiglia a un paravento di carta di riso incapace di ripararci dai vortici di un contesto in continua trasformazione.

sabato 1 dicembre 2007

Caro compagno sderenato...

Sderenato. Secondo il dizionario De Mauro "oltremodo stanco, spossato | fiacco; pigro". Secondo Tiziano Treu: «I neo-comunisti sono dei poveri cristi, sono sderenati. Il governo ha più paura di Dini. Loro si attardano sulle battaglie di principio, ma non vanno da nessuna parte...».
Ecco il punto: i compagni di Rifondazione (e di tutta la sinistra, radicale o meno) non hanno ancora capito che, se non vuol ridursi a battaglia di retroguardia, la difesa dei sacrosanti diritti acquisiti deve unirsi alla conquista di nuovi diritti per i lavoratori dell'economia della conoscenza.
I piu' vetero tra i compagni pensano ancora che il desiderio di tanti ventenni e trentenni di mettersi in gioco, di autorealizzarsi attraverso un lavoro intellettuale, di puntare sulla propria creativita' e sulla propria formazione continua sia un completo e inevitabile cedimento alle logiche neoliberiste.
A volte sembra che riducono tutto ai lavoratori dei call center, che sono sicuramente un fenomeno drammatico, ma solo parte della complessita' dei percorsi di vita e di lavoro che nell'economia della conoscenza si formano e si trasformano a velocita' finora inusitate. Percorsi che vorrebbero trovare una rappresentanza "politica" in senso ampio, se solo qualcuno si premurasse di seguirli e comprenderli senza applicare ad essi modelli concettuali vecchi di decenni.
Eppure quasi tutti i lavoratori dell'immateriale avranno grossi problemi ad arrivare ad accumulare una pensione decorosa, se esistera' ancora il concetto di pensione fra trent'anni. Sarebbe gia' questo un buon motivo per avvicinarsi a tanti soggetti che stanno vivendo sulla loro pelle la prima fase di una trasformazione epocale.
Invece, per gli uomini e le donne di apparato, nei partiti "sociali" o nei sindacati, e' piu' facile sproloquiare con slogan del passato piuttosto che cercare di comprendere il presente.

lunedì 26 novembre 2007

Verso i distretti dell'immateriale

Fino a quando potrà volare il calabrone Italia? Da un punto di vista aerodinamico il calabrone non potrebbe volare, così come, grazie alla felice analogia coniata da Beccatini, l'Italia dei duecento distretti non dovrebbe avere, a rigore di logica economica, le risorse economiche e umane per affrontare, e spesso vincere, la competizione internazionale.
Eppure oggi, sotto i colpi di una crisi che ha colpito tante capitali del manifatturiero, da Prato a Castelgoffredo, da Manzano a Biella, ci si inizia a chiedere fino a quando i distretti potranno reggere, con il rischio di implodere a catena nell'arco dei prossimi anni. Eppure vi sono realtà che ce l'hanno fatta. E sono le realtà (troppo poche) che hanno capito che bisogna affiancare la grande qualità, il tocco artigianale, le intuizioni capaci di anticipare tendenze con la capacità di trasferire significati, valori, identità, tradizioni agli acquirenti
Ma sono ancora troppi i piccoli e medi imprenditori italiani che nell'era dell'economia della conoscenza credono ancora di poter competere con la forza del prodotto e comprimendo i costi.
Ci vorrebbe una rivoluzione culturale, che aprirebbe spazi e posti di lavoro a tutti i lavoratori dell'immateriale, capaci di costruire un sistema di significati attorno a oggetti fatti con grande perizia. Ma invece di aspettare le rivoluzioni basterebbe un'iniziativa molto più semplice. Le associazioni degli imprenditori, a vari livelli, potrebbero ingaggiare giovani lavoratori dell'immateriale per metterli a disposizione delle imprese piccole e medie che vogliono riformulare le loro proposte al mercato, lungo tutta la filiera produttiva e fino ai servizi post vendita.
Una grande immissione di creatività, di passioni, di innovazione, insomma. Per dare nuova vita ai distretti, orientandoli verso l'economia della conoscenza. E anche per evitare l'enorme spreco o la sotto-utilizzazione delle loro intelligenze cui tanti lavoratori dell'immateriale ancora sono costretti ad assistere.

lunedì 19 novembre 2007

La forza dei legami deboli

Il titolo di questo post richiama quello di un famoso saggio di Mark Granovetter, sociologo americano tra i più importanti al mondo.
Granovetter già negli anni Settanta scoprì che nella ricerca di un lavoro le relazioni deboli, i contatti occasionali, insomma quelli che noi italiani chiamiamo conoscenti per distinguerli dagli amici, sono in realtà quelli più utili.
Ognuno di noi ha un'area di relazioni densa e prossima al proprio sé, composta dalle amiche e amici più intimi, con cui condividiamo passioni, interessi, affinità. Poi abbiamo i conoscenti, tanti o pochi a seconda dei casi, di cui conosciamo solo qualche aspetto. I conoscenti hanno a loro volta un'area di amicizie dense e intime attorno a loro. Pertanto i conoscenti sono i realtà dei "ponti" verso altre reti di relazioni di amicizia, dove vengono elaborati e diffusi interessi e nuove idee.
Secondo questo schema confermato da molte ricerche chi ha poche amicizie fidate e riduce al minimo le "conoscenze" finisce per restare escluso dalle ultime idee e tendenze ma incontra anche più difficoltà a cercare o cambiare lavoro.
I lavoratori dell'economia della conoscenza, gli immateriali come li chiamo io, hanno la necessità di costruire e ampliare continuamente le loro reti sociali così come devono investire in formazione continua.
Per questi lavoratori il confronto con altri percorsi lavorativi ed esistenziali diventa fondamentale per arricchire la loro conoscenza della società in cui operano e delle problematiche cui verranno chiamati a proporre soluzioni in termini di comunicazione, di marketing, legali, politiche, tecnologiche, di ricerca tout court.
Sulla base di questo schema potremmo anche dire che se i politici italiani sanno solo parlarsi addosso è anche perché non hanno più meccanismi di produzione di legami deboli con la società: si parlano solo tra loro, e raramente e in ritardo colgono le trasformazioni e le attese della società.
Ma anche di questo possiamo parlarne martedì 20 alle ore 20.30 all'incontro del network dei lavoratori dell'immateriale.


domenica 18 novembre 2007

Daniele Luttazzi

A volte il male che subiamo fa l'effetto di un veleno paralizzante: continuiamo a rimuginare sulle offese subite e rischiamo di non evolverci più, fermi a elaborare una sofferenza che riteniamo oltre modo ingiusta. Daniele Luttazzi rientra in questa situazione: potrebbe liquidare le sue vicissitudini considerando che in un paese di mediocri con una classe dirigente ancora più mediocre il suo talento e la sua satira non potranno mai essere valorizzati come meritano. Eppure in ogni puntata di Decameron Luttazzi ricorda il torto subito, e sono le parti meno brillanti del programma.
Per il resto Luttazzi ci dimostra che sa fare la satira più spietata che esista oggi in Italia. Chi lo considera un comico non ha capito nulla di lui. La migliore definizione è forse quella di autore satirico, capace di ricordarci la realtà dei fatti e delle esistenze troppo spesso mistificata dai media studiatamente autoreferenziali.

sabato 10 novembre 2007

Un omaggio musico-logico

Ecco il grande Glenn Gould che suona il Contrapunctus 1 da l'Arte della Fuga di Bach.
Per ricordarci che c'e' una dimensione verticale nella nostra esistenza.


Pigrizie mentali 2

Le pigrizie mentali che si ritrovano nelle aziende o nella societa' italiana potrebbero costituire una rubrica a parte di questo blog tanto sono frequenti. Chissa' che non lo diventeranno, ma in questo chiedo il supporto dei lettori con segnalazioni e commenti.
Ed ecco allora a voi un bell'esempio di pigrizia mentale. Nell'impresa fordista gli operai alla catena di montaggio erano totalmente fungibili: che fossero immigrati polacchi o irlandesi oppure emigrati calabresi o veneti contava poco, anzi, meno potevano parlare tra loro e piu' erano concentrati sulle loro mansioni parcellizzate e ripetitive. Quindi le braccia di uno valevano le braccia di un altro, e vi era un esercito industriale di riserva pressoche' infinito da utilizzare. Se gli operai spegnevano il cervello e la lingua durante il lavoro era anche meglio.
La cosa divertente e' che tanti dirigenti o capiazienda si comportano nella societa' della conoscenza come se si vivessero ancora ai tempi di Henry Ford. Per questi perspicacissimi personaggi uno stagista (ma anche un collaboratore) vale un altro, tanto l'unica variabile significativa e' il salario/rimborso e si trovera' sempre qualche giovane preparato disposto a lavorare per un compenso poco piu' che simbolico.
Se per tanti dirigenti l'unico parametro di riferimento e' la bottom line del budget, cosa contano i contributi che in termini di relazioni, contenuti, idee, visioni, passioni possono dare i diversi collaboratori? Di fronte al Dio Budget e alla trimestrale quello che conta e' un numero, anche se ottenuto a forza di un impoverimento del capitale intellettuale dell'azienda.
D'altra parte cosi' si sta impoverendo l'intera nostra nazione.
Buon viaggio, cervelli in fuga!

mercoledì 7 novembre 2007

Pigrizia mentale

Appena lunedì scorso ho illustrato a un'aula di studenti di un Master in "Marketing, Comunicazione e Nuove Tecnologie" il potenziale comunicazionale dei nuovi media sociali. Naturalmente vi è stato chi ha storto il naso quando ho presentato Facebook come uno dei modelli più interessanti in tal senso. E invece è di oggi la notizia che già sessanta aziende hanno firmato un accordo per utilizzare a fini promozionali il sistema di social networking creato nel 2004 da Mark Zuckerberg:

http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/scienza_e_tecnologia/facebook-pubblicita/facebook-pubblicita/facebook-pubblicita.html

C'è chi ancora parla di opinion leaders come obiettivo principale della comunicazione d'impresa. Non hanno capito che oggi i nuovi influenzatori non si trovano sulle cattedre universitarie o negli editoriali dei quotidiani, garantiti dal ruolo o dal prestigio, ma possono diventarlo tutti coloro che sapranno costruirsi una rete di relazioni, web o nel mondo reale, basata sulle due risorse essenziali della nostra epoca: contenuti e relazioni.
Eppure sono certo che molti docenti nei master post laurea continueranno a parlare degli opinion leaders vecchia maniera... Beh, la pigrizia mentale non la sopporto proprio, si capisce?

P.S.: questo è il mio profilo su Facebook http://www.facebook.com/profile.php?id=525392730

domenica 4 novembre 2007

Che fine faranno i comunicatori?

Diciamo che finora vi sono stati tre modi di fare e di intendere la professione del comunicatore in Italia: l'organizzazione di eventi, la relazione con i giornalisti, l'elaborazione di idee più o meno "creative".
Come sempre si confondono i mezzi con le finalità della professione, grazie anche alla scarsa attitudine alla comunicazione dei committenti, i quali ti chiedono un evento per autocelebrarsi, di essere visibili sui media (con un'intervistona sul quotidiano prestigioso se possibile), di trovare qualche idea per distinguersi dal concorrente.
Se il quadro è questo inevitabilmente la selezione dei professionisti della comunicazione avverrà sulla base di amicizie, consorterie, parentele, simpatie, sentito dire e millanterie varie. E se funziona così allora conta più ingraziarsi potenziali clienti e operatori dei media piuttosto che puntare alla formazione dei professionisti interni all'agenzia. Di stagisti in gamba se ne trova a iosa: basta cambiarli ogni sei mesi. Perché far crescere qualcuno col rischio che diventi troppo bravo e accetti un ingaggio migliore? E da qui oggi non se ne esce, basta a dimostrarlo i tantissimi giovani comunicatori sottopagati.
In realtà l'unico modo per accreditare questa strana professione è quello che vado ripetendo da anni nei corsi post laurea e per manager: diventare consulenti capaci di comprendere e operare a livello di strategia aziendale e di individuare le forme migliori per comunicare i messaggi e i valori dell'impresa per cui si lavora, nella maniera più efficiente possibile.
Ma chi può guidare questa evoluzione? Non i grandi capi azienda del settore, e men che mai gli operatori dei media, i quali si propongono ancora oggi come l'unico intermediario verso i pubblici delle aziende.
L'evoluzione e la credibilità futura dell'essere comunicatori dipende solo dai giovani professionisti, da quanto vorranno lottare per affermare la loro professionalità.
L'alternativa è l'attuale, totale fungibilità, e la conseguente, inevitabile precarietà.

venerdì 2 novembre 2007

Comunicare o fare comunicazione?

Per decenni comunicare per un'azienda ha significato solo due cose: pagare una costosa campagna pubblicitaria o pagare un'agenzia di comunicazione per affidarle le relazioni con i media, la gestione di eventi, ecc. L'azienda non comunicava direttamente con i suoi clienti ma solo attraverso successive e numerose mediazioni: il rapporto con l'agenzia, la capacità dei professionisti dell'agenzia di comprendere i bisogni dell'azienda, la scelta dei media, la scelta dei contenuti, giù giù fino alla capacità soggettiva di attenzione e decodifica dei messaggi dei singoli clienti. Era un po' come il gioco del telefono che si fa da bambini: più il messaggio è lungo e complesso tanto più arriva distorto all'altro capo del telefono. E di conseguenza il messaggio doveva essere immediato, semplicistico, basato su pochi concetti e sui poche pulsioni di base di un pubblico considerato solo nei suoi desideri più ancestrali. Inoltre nulla garantiva (meglio, garantisce) l'azienda che il budget che essa affida alle agenzie di comunicazione e pubblicità non venga da queste ultime usato anche per garantire visibilità pubblicitaria o attenzione da parte dei media ad altri loro clienti meno celebri e danarosi.
La domanda che si dovrebbe porre ogni comunicatore o professionista del marketing è: come posso parlare direttamente ai miei clienti potenziali, facendo passare i miei contenuti, proponendo loro le mie offerte commerciali, coinvolgendoli nel mondo valoriale dell'impresa per cui lavoro?
Se invece di pensare ai mezzi (la campagna pubblicitaria, l'articolo sul giornale), i miei colleghi si fermassero a pensare di più a fini del nostro lavoro forse anche lo statuto della nostra professione inizierebbe a uscire dai contorni indefiniti ed equivoci che ancora lo segnano.


sabato 20 ottobre 2007

Era meglio fare i tassisti...

Che futuro può avere un modello sociale come quello italiano in cui un tassista con la terza media arriva a guadagnare in città come Roma o Milano fino a 5.000 euro al mese, in gran parte esentasse, mentre un trentenne con lauree, specializzazioni anche all'estero e conoscenza di piu' lingue straniere spesso non arriva a 1200 euro al mese?

martedì 16 ottobre 2007

Tutti capitalisti?

Per Enzo Rullani e Aldo Bonomi (vedi scheda: http://www.einaudi.it/einaudi/ita/catalogo/scheda.jsp?isbn=978880616119&ed=87)
i "capitalisti personali" sono "l'asse portante della nuova composizione sociale che sta emergendo nella transizione verso il postfordismo". Ma chi sono questi capitalisti personali? I due autori mettono dentro questa definizione imprenditori, liberi professionisti, lavoratori della conoscenza, addirittura sportivi e artisti. Facile così arrivare a dire che questa categoria-ombrellone più che ombrello, rappresenta il 50% dell'intera forza lavoro nazionale.
Uno dei temi di questo blog, se non il principale, sono i lavoratori della conoscenza, i quali in grandissima parte, nonostante gli auspici di Rullani e Bonomi, non avranno mai il controllo autonomo del loro lavoro, saranno pertanto lavoratori subordinati e comandati, al di là delle definizioni formali dei contratti che firmeranno.
La vera questione, secondo chi scrive, non è diventare tutti capitalisti quanto semmai il dramma di un paese come l'Italia che punta pochissimo sull'economia della conoscenza e dell'intangibile e finisce quindi per deprimere la creatività e frustrare le ambizioni salariali e le aspettative sulla qualità della vita di coloro che vi lavorano.

venerdì 12 ottobre 2007

Non si vive di solo salario

Molti studiosi sociali, economisti, giornalisti evidenziano la precarietà e l'esigità dei salari delle nuove professioni legate all'economia dell'immateriale. Sono considerazioni giuste ma estremamente riduttive, eppure finora dominanti, basti pensare anche agli slogan come la "generazione milleuro" in Italia o ai "milleuristas" spagnoli. Ma partire dal puro dato salariale crea numerose distorsioni di prospettiva. Si mettono così nello stesso calderone sociale soggetti diversissimi: un cocopro ministeriale, che guadagna mille euro e lavora dalle sei alle otto ore al giorno fa un lavoro radicalmente diverso da quello di un junior account di un agenzia di comunicazione o di pubblicità, da un tirocinante in un studio legale (che guadagna ancora meno, se li guadagna), da uno sviluppatore software che galleggiano anch'essi attorno ai mille euro di entrate mensili. In un caso si tratta di classiche mansioni burocratiche oggi profondamente precarizzate da scelte legislative sciagurate, ma almeno alle 14 o alle 16 si stacca e si può usare la seconda parte della giornata per se stessi. Nel secondo caso magari si esce dall'ufficio a notte fonda e mai prima delle 20, ti viene richiesto di attivare la tua creatività, le tue abilità relazionali, i tuoi hobby a volte, e anche la tua resistenza fisica. Salta la separazione tra mondo del lavoro e mondo privato, visto che usciti dall'ufficio a una certa ora si vuole solo mangiare e dormire. Per i sentimenti, le amicizie, le passioni resta il weekend, se non si hanno scadenze su cui lavorare.
Appare allora paradossale il rovesciamento che viene operato nelle esistenze dei soggetti dell'immateriale: tanto piu' densa e creativa diventa la giornata lavorativa, tanto piu' povera e basilare diventa la vita privata.
Le pulsioni all'autorealizzazione delle proprie potenzialità esistenziali, della propria creatività, che hanno spinto in tanti a lavorare nell'immateriale, si sviluppano e vengono sfruttate solo dal e nel ciclo lavorativo, il quale finisce per controllare l'intera giornata di questi soggetti.
Eppure c'è ancora chi pensa che basterebbe solo aumentare i salari.

martedì 9 ottobre 2007

Le professioni dell'economia dell'immateriale sono sempre più numerose quanto prive di visibilità, di diritti, spesso di prospettive e di progetti di vita. Consulenti in svariati ambiti, product manager, pubblicitari, informatici, formatori, ricercatori, giornalisti free lance, giovani professionisti delle vecchie attività liberali (architetti, ingegneri, avvocati, ecc.) vivono tutti in una duplice contraddizione: un lavoro senza un output materiale, in cui non ci si sporca né si suda, spesso con una significativa componente creativa, considerati dall'esterno "fighi", ad alta relazionalità, e tuttavia queste attività lavorative sono spesse pagate poco, richiedono la destrutturazione dei tempi di vita mentre interessi passioni relazioni dei singoli sono spesso utilizzati per produrre nuova creatività o nuovi servizi a vantaggio dei "clienti".
Milano offre un osservatorio privilegiato su queste nuove dimensioni professionali ed esistenziali, eppure nessuno finora ha tematizzato questa condizione. Pertanto le nuove professionalità restano per lo più invisibili o, peggio, incomprese e trattate con sufficienza.
Ne può (deve) nascere una riflessione collettiva, anche attraverso la successiva realizzazione di un sito web, di una mailing list, di meet ups e una rete di soggettività che condividono le medesime istanze e l'obiettivo di portare nell'arena del dibattito nazionale la riflessione sulle nuove forme di lavoro e di vita.