domenica 28 agosto 2011

Il valore delle pr

Ho scoperto solo di recente il paper del 2009 di Marco Gambaro e Riccardo Puglisi dal titolo "What do ads buy? - Daily coverage of listed companies on the Italian press" che presenta una attenta analisi della correlazione tra gli investimenti pubblicitari e visibilità sulla stampa delle aziende investitrici.
Il pierrino banale dirà: "E quale è la novità? sappiamo benissimo che la pubblicità ci apre le porte di tante redazioni e le orecchie di tanti giornalisti". Certo, ma il merito di Gambaro e Puglisi è di individuare in maniera scientifica una serie di variabili che legano investimenti pubblicitari, attività di ufficio stampa (invio di comunicati stampa) e conseguente copertura da parte dei media a stampa.
In particolare i due autori presentano il rapporto tra numero dei comunicati stampa e numero degli articoli nel periodo considerato (2006-2007), la frequenza relativa degli articoli dopo la distribuzione del comunicato stampa e in rapporto alla frequenza relativa nei giorni senza comunicati con, soprattutto, il cambiamento percentuale della frequenza relativa dopo un comunicato stampa.
Al pierrino banale vorrei dire che queste analisi non sono esercitazioni accademiche ma un ottimo viatico per argomentare e valorizzare l'incidenza del lavoro delle pr non attraverso considerazioni soggettive ma attraverso analisi quantitative e statistiche, grazie a strumenti non troppo complessi come regressioni e R2. Non so ad oggi quante agenzie di pr italiane sviluppino analisi statistiche per verificare l'incidenza del loro lavoro. Forse parecchie, forse solo alcune (e per questo chiedo ai miei quattro lettori di scrivere delle loro esperienze), ma la necessità di superare le valutazioni soggettive è sempre più stringente, soprattutto a fronte della raffinatezza raggiunta dagli strumenti analitici dei media digitali. Come ho scritto altre volte la rassegna stampa è solo una base di partenza per sviluppare analisi più evolute del lavoro di dialogo con i media: rimanere ancorati a una collazione di fotocopie è come continuare a comunicare via fax nell'epoca dei media sociali.
Se i pierrini non saranno capaci di spiegare oggettivamente l'incidenza delle loro attività essi non riusciranno mai a legittimare pienamente la loro professione, nonostante tutta la boria e il cinismo di cui potranno ammantarsi.

lunedì 15 agosto 2011

Twitter Vs. Facebook: una banalizzazione fuorviante


Twitter Vs. Facebook? Creare contrapposizioni è il modo più ovvio per parlare di certi argomenti senza capirli. Con il post Giap, Twitter e il Terrore i Wu Ming hanno aperto il dibattito sulle caratteristiche dei due social media, incanalato poi in una discussione su Twitter con l’ashtag #twitterisnotFB e nelle pagine dedicate al tema da Repubblica sabato scorso.

Ho scorso i tweet con l’ashtag della discussione e vi ho notato spesso una esaltazione acritica di Twitter e un’insofferenza altrettanto estesa nei confronti di Facebook. Mi sembra un tipico caso di mentalità Cip, di omologazione di giudizio dato che adesso è figo stare su Twitter e venire aggiornati da cinguettii da 140 caratteri. È Cip, secondo la definizione che propongo del concetto, litigare su quale tecnologia di comunicazione sia più “avanti” invece di ragionare sui vincoli e sulle potenzialità che al contempo ti impone e ti offre una tecnologia. I Wu Ming hanno scoperto le potenzialità politiche e mobilitanti di twitter e su storify si trova un’ottimo resoconto di quanto è successo durante le mobilitazioni #notav in Val di Susa (poi dirottate con l’ashtag #saldi). Ma Twitter è un luogo del narcisismo digitale almeno quanto facebook, usato da tante star per farsi seguire passivamente da stormi di fan adoranti e cinguettanti. E facebook è di rimando senza dubbio un coacervo di narcisismo e stronzatine perditempo ma anche un luogo dove decine di migliaia di persone ogni giorno forzano i vincoli del dispositivo e fanno diventare il media un veicolo di informazione, di mobilitazione, di riflessione.

Le qualità di un media non sono date solo dalle sue caratteristiche intrinseche, ma anche dalla qualità dei loro fruitori e dalla loro capacità di forzare il dispositivo per creare nuove modalità di fruizione. Per Wu Ming 1 twitter è “un gigantesco meta-feed di tutto quello di cui si discute in rete” (intervista a Francesco Spe): una definizione profonda ma che vale solo per quanti la capiscono e utilizzano il media in maniera creativa. All’opposto, ci saranno milioni di utenti facebook impegnati ora a postare le foto delle loro vacanze e qualche spiritosaggine sul wall ma non per questo facebook perde le potenzialità di informazione e di mobilitazione che gli hanno saputo dare (anche a dispetto dei gestori del sito) i tanti che hanno forzato i vincoli con cui era stato pensato quel dispositivo.

Ingabbiare il tutto nello schema “Twitter=informazione, Facebook=relazione) come ha semplificato Repubblica sabato scorso non aiuta a capire i due media, figuriamoci se aiuta a capire come gli utenti stanno cambiando dal di dentro, semplicemente usandoli, i due media.

Vi sono infiniti media, e infiniti twitter e facebook quanti il numero dei loro utenti. I media sono infiniti perchè non solo il numero dei fruitori è calcolato in miliardi ma perché il mix di media che ogni utente si crea moltiplica all’infinito le potenzialità di comunicazione.

Semplificare in una dicotomia questa incalcolabile complessià che continuamente si ricombina e si rigenera significa non aver capito cosa sono i media oggi.



domenica 7 agosto 2011

I limiti delle recensioni online


Con pochi giorni a disposizione e meno soldi ancora in tasca questa è l'estate dei low cost e dei siti web di consigli turistici.
Come in altri casi si parte dall'assunto che un giudizio spassionato, benché anonimo, valga più di una recensione scritta da qualche esperto sottoposto alle pressioni dell'industria di cui si occupa. Un principio applicato non solo al turismo ma anche all'elettronica, alle recensioni librarie e musicali, alla valutazione in generale di prodotti e di servizi. In una recente vacanza mi sono affidato ai consigli di TripAdvisor e della guida cartacea Lonely Planet. Una segnalazione gastronomica di TripAdvisor è stata alquanto deludente: un ristorante con un menù banalmente turistico, con prezzi più alti della media pur se indicato nella categoria "budget". Il ristorante di Lonely Planet ci ha invece ampiamente soddisfatto e siamo ritornati per 3 sere su 6.
Da un'esperienza soggettiva e dunque parziale ricavo qualche riflessione rispetto al diffondersi di una mentalità che ho definito Cip, che finisce spesso per guardare le valutazioni soggettive online come un riferimento per forza utile ed efficace.

Ci sarà pure un motivo se qualcuno è riconosciuto come esperto in un campo e tanti altri no. Se si prende per buono in maniera acritica il giudizio dei tanti non esperti finiamo per cadere nel vecchio ricatto pubblicitario del "millions can't be wrong". Internet è piena di giudizi a buon mercato, si può anche riuscire a risparmiare in consulenze e libri grazie ad essi ma è stupido pensare che possano sostituire le valutazioni degli esperti.
Indipendenza non significa competenza e libertà non significa capacità di giudizio. Una community che si sviluppa liberamente attorno a un interesse o una passione comune non garantisce valutazioni definitive poiché il livello delle attese dei suoi componenti è estremamente variegato. In una community di appassionati di gastronomia si può ritrovare chi non sa cucinare nemmeno 2 uova in padella e uno chef: mettere i loro giudizi sullo stesso piano è sbagliato come anche dimenticarsi che la stessa diversificazione di competenze esiste anche al di fuori della community per cui le scelte del cuoco possono essere troppo raffinate per alcuni mentre gli entusiasmi del neofita possono risultare fuorvianti per i gourmet esperti.
Internet ti offre tante strade in cui perderti ma anche alcune grazie alle quali diventare più competenti e informati. Un guardiano di una biblioteca non è colto perché lavora in prossimità dei libri mentre è colto chi sa dove cercare i libri giusti, sapendo che spesso anche questi possono portare fuori strada.