mercoledì 20 marzo 2013

Minisaggio a puntate: Grillo e la crisi italiana. Parte 1: democrazia e internet




Chi si attarda a tentare di inquadrare il MoVimento 5 Stelle in uno schema di destra o di sinistra, chi discute su se sia stato internet o la televisione a produrre il maggior numero di voti, chi cerca un parallelo politico nelle esperienze estere o di altre epoche (ne elenco alcune: qualunquismo, poujadismo, peronismo, personaggi come Viktor Orban, Nigel Farage, Pym Fortuyn, eccetera) semplicemente non ha capito nulla non solo del MoVimento, ma soprattutto non ha capito che il cambiamento intende impattare non solo sul sistema politico ma sull’assetto sociale complessivo del paese Italia e sulle ideologie dominanti, intese come retoriche che legittimano comportamenti e assetti di potere. 

Democrazia, rete, rappresentanza
Nel 1995 la rivista Time pubblicò una copertina dell’edizione internazionale con un ritratto di George Washington con due auricolari: wired democracy, recitava il titolo. Wired come connessa, ma anche come recintata: processi decisionali basati sull’informatica che possono escludere più che includere. La rivista già parlava di un “populismo elettronico” , che, in polemica opposizione alla distanza tra eletti e cittadini, spingeva  i politici a prendere in considerazione ogni sondaggio, ogni telefonata o fax, ogni iniziativa promossa da talk show televisivi o radiofonici, con il rischio di creare un corto circuito tra media e democrazia rappresentativa. Che ne è del processo decisionale esperto se esso si fa condizionare da umori e passioni che non trovano un momento di elaborazione e confronto con visioni opposte? Dunque l’ambivalenza dei media e di internet in rapporto alle forme di partecipazione popolare non è cosa nuova a chi se ne occupa.  
All’ambiguità dei media e ancor di più di internet si aggiunge anche l’ambiguità del concetto di democrazia, parola che sembra inequivoca, bella e lucente, usata, quasi sempre a sproposito e sulla base di un equivoco, per rendere inattaccabile ogni frase in cui la si cita o la si celebra.  
Ma cosa si intende quando si parla di democrazia? Si crede comunemente che tale concetto sia nato nella Grecia classica ma si tratta di una mera assonanza fonetica. Democrazia era un termine usato spregiativamente dai nobili per indicare letteralmente “lo strapotere brutale del popolo” e Tucidide fa dire a Pericle che “La parola che utiliziamo per definire l’organizzazione del potere cittadino è democrazia per il fatto che essa, nell’amministrazione, si qualifica non rispetto ai pochi ma rispetto alla maggioranza”. E la maggioranza che aveva diritto di partecipare alle assemblee dell’agorà era costituita in effetti da una minoranza, composta solo dai maschi adulti che possedevano abbastanza risorse per pagarsi l’attrezzatura militare. Lo stesso Tucidide afferma che ad Atene non c’era la tanto vituperata democrazia (strapotere del popolo) ma un principato, inteso come governo di un protos aner, lo stesso Pericle, appunto. (Cfr. Luciano Canfora, La democrazia, storia di un’ideologia).
Da queste ambiguità duplici e tra esse intrecciate discendono oggi tutte le idee e le false metafore che parlano di internet come la nuova “agorà”, meglio come di un’agorà digitale”. Siamo costantemente vittime di giustapposizioni logiche che quando riescono a diventare metafore finiscono per confonderci e per spingerci a non interpretare i fenomeni “iuxta propria principia”. La democrazia moderna è un’agorà greca oppure è un governo del popolo, dal popolo, per il popolo, come la storica definizione di Lincoln? Quali aspetti della democrazia modernamente intesi vengono toccati da internet? Per arrivare al tema del momento: l’uso che Grillo fa della rete è davvero “democratico”?
Tra le tante declinazioni moderne della democrazia ce ne sono due che approfondirò: democrazia come diritto d’accesso (a informare, informarsi  ed essere informati) e democrazia come “governo in pubblico”.
Vediamo il primo caso. Checché ne scriva Serena Danna, il blog di Beppe Grillo è stato in questi anni il principale luogo di informazione su fatti e iniziative spesso volutamente ignorati dai media mainstream in Italia. Una serie di tematiche che il sistema dei media rifuggiva, minimizzava o censurava ha trovato spazio sul blog di Grillo. Ricordo a memoria il dramma di Federico Aldovrandi, i danni causati dagli inceneritori e dai ripetitori, il movimento No Tav. Il blog ha offerto la possibilità a tanti cittadini di dire la propria tramite un commento quando questo costume era ritenuto eretico dai principali quotidiani online. Inoltre ha consentito lo sviluppo di dibattiti tra i partecipanti attraverso i lunghi thread che si sviluppavano, ha creato degli opinion leader (alcuni di essi oggi in parlamento) che partecipavano più costantemente e con maggiore acume e preparazione alle discussioni. In questo senso sbaglia la Danna a parlare di un utilizzo vecchio del blog. Il web sociale non è dato dall’uso di piattaforme banalmente intese come social quali  Twitter o Facebook ma dalla logica di utilizzo del media stesso. Se utilizzi un blog per aggreggare sei più “2.0” di un’azienda che sulla sua pagina facebook spara aggiornamenti in una logica meramente broadcast.  Se non è sociale un blog che riesce ad aggregare persone in migliaia di incontri reali sul territorio e finisce per essere votato da 8,7 milioni di italiani non so cosa possa esseredefinito “social”.  
Ecco quindi che il blog di Grillo  (che si definisce, non a caso,  “il primo magazine solo in rete”) ha creato una zona franca di discussione che oltrepassava l’agenda setting dei media predominanti. La diffidenza se non il disprezzo verso i media tradizionali non è stata dunque una strategia elettorale ma nasce da scelte editoriali e da una critica di fondo ai media tradizionali elaborata su numerosi episodi di censura o di distorsione dei fatti denunciati per anni da Grillo.

Il secondo elemento democratico è quello del “governo in pubblico”. In questo senso il blog di Grillo si inserisce in una corrente molto più ampia che ha avuto il suo apice in Wikileaks. I rimborsi elettorali sono quasi folclore rispetto all’idea di portare le telecamere dei cellulari dentro le Camere e dentro le Commissioni parlamentari. In questo vi è una radicalità che trovo difficile non definire democratica, nel senso appunto di una costante scrutinabilità del potere da parte del cittadino informato.
Quindi una rete intesa come strumento di governo in pubblico, questo sì considerato dai grillini come un elemento di rottura rispetto all’opacità che caratterizza i processi decisionali italiani. Ovvio che questo principio, praticato da sprovvedute come Gessica Rostellato, porta a situazione patetiche e ridicole. Facile prevedere che ve ne saranno altre: la profondità di comprensione delle dinamiche della rete tra i promotori del Movimento e alcuni eletti in Parlamento è abissale. 
Questo ci porta a ragionare nel prossimo post sul modello di governo della rete. Se non vi è un centro e la rete è per sua natura acefala, la leadership non è in un punto della rete (dove al massimo ci può essere un'aggregazione di attenzione e di reputazione), ma dietro o sopra di essa, ovvero in chi crea le condizioni e l'architettura logica e ideologica della rete.

domenica 10 marzo 2013

La masterclass con David Meerman Scott


Da quando è stato pubblicato nel 2007, il libro di David Meerman Scott "The New Rules of Marketingand PR" ha continuato a suscitare al contempo entusiasmo e scetticismo tra gli addetti alle media relation del nostro paese.
Tanti professionisti, soprattutto i più giovani, hanno visto grazie a Scott la possibilità di arricchire ed evolvere le attività di pr: il classico processo di redazione e distribuzione dei comunicati stampa (sto banalizzando, sia chiaro), accompagnato dall’attività di relazione (e a volte dall’arte della questua) con gli operatori dei media, si allargava a ricomprendere non solo i nuovi strumenti offerti dal web ma anche i nuovi pubblici non strettamente giornalistici, spesso altrettanto preziosi per l’immagine e la reputazione del cliente.
Gli scettici hanno puntato spesso il dito contro la scarsa applicabilità delle proposte di David Meerman Scott: un diverso status della professione nel nostro paese, un approccio troppo marketing-oriented, la scarsa credibilità di molti soggetti della rete, la inapplicabilità di soluzioni tipiche degli USA a un sistema economico e sociale come quello italiano in cui l’accreditamento relazionale conta ancora tanto.
Il libro, arrivato alla terza edizione con una quarta in gestazione, ha continuato a essere letto e apprezzato da sempre più professionisti nel mondo (oltre 250.000 le copie vendute) come anche in Italia. Nel frattempo David è diventato uno dei più celebri guru del settore, con conferenze e masterclass in 82 paesi, e ha sviluppato altri concetti come quelli presenti nei libri Real Time Marketingand PR, Newsjacking, World Wide Rave (di cui trovate il download gratis sul sito della masterclasshttp), ma mai era stato invitato in Italia.
La masterclassche terrà David Meerman Scott il 9 maggio prossimo all’auditorium de Il Sole 24Ore a Milano viene dunque a coprire un vuoto e a consentire un confronto diretto tra le esperienze del nostro paese, in cui spesso le pr digitali restano ancora una “terra di mezzo”, sospese tra un approccio pubblicitario e tecnologico e un altro più dedicato al rapporto e all’analisi degli “influencers”. Sono steccati reali o più che altro frutto dell’applicazione di schemi superati a nuove dinamiche informative e relazionali?
Di questo e altro David discuterà in una giornata di formazione, a costi assolutamente accessibili, che intende fare il punto sulle pr digitali in Italia attraverso il confronto con le esperienze e l’approccio di un grande stratega di marketing.

mercoledì 6 marzo 2013

Adotta anche tu un comunicatore del PD!!


  
Si potrebbe cadere nello psicologismo d'accatto per cercare di spiegare perché una trentina di militanti PD accettano di urlare "lo smacchiamo, lo smacchiamo", guidati nello scimmiottamento dell'haka dalla cattiva copia del rapper G Max dei Flaminio Maphia, però la soluzione più decorosa per il partito di Bersani è quella di negare di avere dei militanti tanto condizionati dalle gloriose parole d'ordine del Segretario da comportarsi come vengono dipinti gli odiati grillini.
Per negare ogni coinvolgimento nell'imbarazzante siparietto che Youtube ha eternato offro a Bersani (per mera pietà umana non come consulenza, sia chiaro)  una serie di spiegazioni cui possono attingere i suoi bravissimi consulenti di comunicazione:

a) in realtà son tutti condomini di quel palazzo e si preparavamo con la feroce danza haka a una epica quanto efferata assemblea condominiale

b) sono grillini travestiti da piddini e quello che sembra G Max in realtà è Casaleggio dopo la tinta e la stiratura dei boccoli in uno dei suoi molteplici travestimenti manipolatori

c) quella al centro è la Gelmini senza plastica e gli altri sono figuranti di Amici pagati dal Banana

d) "lo smacchiamo" non si riferiva all'insulso tormentone bersaniano ma al telo prendisole lasciato sul terrazzo a sporcarsi e usato dai vari condomini quando è estate

e) il video è effettivamente del PD ma lo ha commissionato Renzi, lo dimostra l'uso di "We will rock you" dei Queen mentre a Bersani, è risaputo, piace Nilla Pizzi

f) si tratta evidentemente di un fake: a un video di un gruppo di persone che fa esercizii in pausa pranzo sul terrazzo hanno sovrapposto quel ridicolo coro seguito dalla musica dei Queen e le immagini del Pierluigi per denigrare i grandi esperti di comunicazione del partito

Ecco, ce l'abbiamo messa tutta, abbiamo spremuto la nostra limitatà creatività e qualche argomentazione potrebbe forse pure risultare convincente per qualche giornalista de L'Unità o di Europa con il cervello in libera uscita, solo che in ultima fila in fondo a sinistra si vede bene Stefano di Traglia, portavoce ufficiale di Bersani...
E allora ditelo che volete farvi del male, signori del PD!
Vi è un'ultima possibilità: colleghi comunicatori, lanciamo una campagna "adotta un comunicatore del PD" e mettiamoli a fare gli assistenti dei nostri stagisti. Con rimborso spesa, sia chiaro. 

domenica 3 marzo 2013

Aforisma

Un paese non si valuta dai successi delle singole punte di eccellenza ma dalla capacità di valorizzare anche le persone meno geniali.