domenica 30 maggio 2010

L'ufficio stampa: da Minculpop aziendale a produttore di contenuti


Il vecchio adagio giornalistico recita che una smentita è una doppia notizia.
Una ricerca sviluppata negli Stati Uniti dagli scienziati politici Brendan Nyhan dell'università del Michigan (qui trovate un suo articolo su tutte le false informazioni sulla riforma sanitaria di Obama sedimentatesi nell'opinione pubblica) e Jason Reifler della Georgia State University di Atlanta conferma in pieno quello che tutti i giornalisti e i comunicatori almeno un poco esperti sanno da quando hanno iniziato a capire qualcosa dei meccanismi mentali di chi li segue.
I due studiosi evidenziano che sono due i meccanismi che si innescano. La dissonanza cognitiva innanzitutto: una volta che ci siamo costruiti uno dei nostri rassicuranti pregiudizi cerchiamo conferme ad esso anche quando nuove informazioni vorrebbero metterlo in dubbio. Il secondo principio viene chiamato "backfire effect", ovvero "ritorno di fiamma" che potremmo semplificare così: "tu provi a farmi cambiare idea? E io per dispetto mi intestardisco ancor di più nelle mie convinzioni". Chi di noi in una discussione politica o pallonara al bar non si è incaponito a difendere le proprie idee rischiando la coerenza e la faccia anche di fronte ad argomentazioni incontrovertibili?
Ora, cerchiamo di calare questa ricerca in quel mondo del pressappoco dagli indistinti confini che è la comunicazione. Con sagacia l'articolo di Repubblica si intitola "Vita eterna per le bugie soprattutto se rettificate" e finquando non crolla il server o non viene eliminata una notizia online ha una buona approssimazione all'eternità.
Ai bei tempi quando la carta stampata la faceva da padrone era relativamente semplice. A mezzogiorno il quotidiano serviva per incartare il pesce (e né il pescivendolo né il suo cliente lo avevano quasi mai letto) e poi una buona agenzia di comunicazione aveva persuaso il giornalista o il caporedattore della inessenzialità della notiziola che finiva nascosta in un taglio basso o in una breve.
Ma oggi con internet come si fa? Quella stessa notiziola, accuratamente mimetizzata dal giornalista che per questo aspetterà a Natale almeno un panettone gigante, viene ripresa dal sito internet di informazione locale o dal blog specializzato, che la metteranno in evidenza. E altri blog e altri siti riprenderanno la notizia, creando altri link che faranno salire la visibilità della notizia su Google Pagerank. E qualcuno la posterà sul suo profilo Facebook mentre al contempo la notiziola prenderà il volo con i tweet di Twitter. E mica possiamo spedire un panettone a tutti?
Insomma, i vecchi sistemi delle relazioni con i media mostrano la corda. Come spesso accade nel trapasso tra media analogici e media digitali bisogna ripensare tutto. Il vecchio ufficio stampa che da alcuni viene ancora interpretato come un Minculpop aziendale da cui devono passare solo veline gradite, gradevoli e leggere, con annessa censura o edulcorazione dei fatti imbarazzanti, deve trasformarsi in una redazione capace di diffondere costantemente contenuti competenti e consistenti a tutti i soggetti interessati, sia quelli che operano in media maturi sia sui nuovi media o nei media sociali. La soluzione è quella di disseminare in tutti i media, soprattutto quelli sociali, una messe di informazioni capace di creare un contesto positivo, in cui le inevitabili notizie negative, frutto di errori, manchevolezze o anche di reale malafede, possano trovare un certo bilanciamento.
Detta così sembra semplice ma quanti capiazienda sarebbero disposti a rinunciare ad avere un ufficio stampa inteso come megafono aziendale per ritrovarsi un staff di produttori di contenuti capaci anche di dire dei no?

domenica 23 maggio 2010

Slides su mappatura dei media italiani

Come promesso ecco a voi la presentazione sui gruppi editoriali italiani. Presentazione che trovo parziale e incompleta. Il fatto che mi sia stata richiesta da più di professionista forse indica che nelle agenzie italiane circolano cose sull'argomento ancora più parziali e incomplete. Forse?

sabato 15 maggio 2010

Connessioni virtuose

Al mondo non mancano mai né i soldi né l'intelligenza; invece scarseggiano coloro che sanno mettere i due beni in connessione.

Internet, una domanda oltre i numeri del fenomeno



Erik Qualman ha aggiornato il video di presentazione del suo libro Socialnomics ed in appena dieci giorni è stato già visto oltre duecentomila volte. Il precedente video, creato in occasione della prima edizione del libro ad agosto 2009, ha superato ad oggi, in meno di nove mesi, il milione e novecentomila visualizzazioni.
Il video si apre con una domanda retorica: “ internet è un bluff o la più grande trasformazione sin dalla rivoluzione industriale?”. Tutto, anche la musica di Fatboy Slim, è molto coinvolgente ma, come spesso capita agli americani, essi sanno colpirci con i numeri ma non riescono a spiegarci cosa cambia davvero grazie a questa tecnologia.
In questo senso capire le dinamiche e gli effetti dell'uso dei media sociali fatto da Barack Obama nella sua campagna presidenziale è molto più intrigante che aggiornare il computo degli iscritti a Facebook.
Vi è una grande retorica attorno ai social media, l'idea che siano inevitabilmente e inequivocabilmente portatori di maggiore scelta, partecipazione, coinvolgimento, dialogo, spontaneità, eguaglianza. E tutto questo è senz'altro vero. Ma come per i media di massa ci son voluti decenni per sottometterli in gran parte a logiche di dominio politico e pubblicitario, non si può escludere che in qualche parte del mondo si stiano già facendo studi ed esperimenti su come manipolare i social media.
Quando la quantità muta in qualità, lì avvengono le grandi trasformazioni e qualche volta anche le rivoluzioni. Ma nella storia dell'uomo ogni rivoluzione, dalla stampa alle rivoluzioni politiche del secolo scorso, è stata sempre piegata ai voleri di chi deteneva il potere.
Perché non dovrebbe capitare anche per Internet?

martedì 11 maggio 2010

Contenuti gratuiti e copioni sfacciati


I contenuti sono l'unica leva efficace di un moderno marketing. Difficile farlo capire a chi ancora pensa di fare marketing con una buona persuasione, una brillante pubblicità o con una sponsorizzazione ruffiana. I potenziali clienti sono spesso più avanti di pubblicitari e pr managers: rispetto ai vecchi strumenti del marketing le persone comuni reagiscono meno con fastidio che con sufficienza.

Vi è un diffuso dibattito tra gli esperti se i contenuti di pregio (quali per esempio un e-book, una presentazione, un seminario online, un podcast) debbano essere distribuiti liberamente o attraverso almeno un form di registrazione (in inglese squeeze page, proprio una pagina che ti spreme i tuoi dati personali). Sull'argomento John Meerman Scott ha pubblicato un post qualche settimana fa in cui dava spazio ai pareri di Tom Peters e Seth Godin. Quest'ultimo ha sintetizzato il suo approccio con una frase chiave: The more I'll give away the more I 'll get back. Le centinaia di blog di successo anche in Italia stanno a testimoniare che regalare contenuti gratuiti è una filosofia ma anche una scelta di marketing personale vincente.

Eppure bisogna chiedersi quale è il mio obiettivo di marketing.

Se l'obiettivo è rafforzare la reputazione personale o dell'impresa la distribuzione gratuita dei contenuti è una scelta pressoché obbligata (fermo restando la capacità di produrre davvero contenuti originali e interessanti)

Se invece si intende sviluppare un database di contatti e prospect e allora si può anche inserire un form di registrazione, ben sapendo che una parte dei tuoi visitatori rinuncerà a lasciarti i dati, scocciata al solo pensiero di vedersi inondare la email di proposte commerciali. .


Recentemente ho saputo che una consulente di pr è venuta in possesso delle presentazioni di alcune mie docenze e le ha distribuite alle persone della sua agenzia. Avrei potuto arrabbiarmi e protestare ( e forse anni fa avrei fatto). Invece trovo più semplice mettere a disposizione di tutti su questo blog le docenze in questione (e anche altre) nel corso delle prossime settimane.

In un mondo dove i contenuti sono liberi, chi li copia e li spaccia come propri è destinato, prima o poi, a fare pessime figure.