sabato 27 marzo 2010

L'estetica biocapitalistica di Lady Gaga



Lady Gaga è il fenomeno del momento. La signorina Germanotta in pochi mesi ha dimostrato di non essere solo un prodotto discografico ma di saper imporre una propria estetica capace di ribaltare i suoi stessi assunti di partenza.

Mentre Madonna proponeva delle identità temporanee (da quella dark alla quieta signora di campagna attraverso la material girl, la latina, il country, il fetish e così via) quasi come abiti da indossare per le poche settimane di una stagione discografica, Lady Gaga non usa il corpo come un vestito su cui attrarre l’attenzione o lo scandalo ma come uno strumento di potere e di sottomissione altrui. Negli anni in cui è stata anche spogliarellista la Germanotta ha imparato che l’inusuale e l’estremo sono due dimensioni con le quali un corpo femminile di cui sappiamo (crediamo di sapere) tutto può ancora attirare interesse e curiosità. Ma è un corpo che si è appropriato di se stesso, e, pur lasciandosi attraversare dagli sguardi altrui, riesce a non essere un mero oggetto di seduzione o di appropriazione erotica. Anzi. Nei video e nelle apparizioni pubbliche di Lady Gaga l’esibizione finanche pornografica del suo corpo non finisce per avere nulla di eccitante poiché, come ha scritto nel 2007 Slavoj Žižekchi ha letto il marchese De Sade sa bene che la disinvolta affermazione della sessualità, spogliata da ogni traccia di trascendenza spirituale, si trasforma paradossalmente in un esercizio meccanico privo di autentica passione sensuale

In questo senso Lady Gaga e Beyoncé nel video Telephone utilizzano i loro corpi per manipolare e annichilire (fino alla soppressione fisica) maschi pressoché privi di una dimensione psichica, figuriamoci di una affettiva.

La filosofa Michela Marzano su la Repubblica di ieri ha proposto una chiave interpretativa intelligente: “La cultura pop utilizza da sempre "la potenzialità metafisica" della merce, come direbbe il filosofo Adorno (…) nel caso di Telephone, questa potenzialità è iperbolica: i simboli vengono utilizzati per capovolgere il senso comune e per costringere lo spettatore ad interrogarsi non solo su ciò che "fa" (il ruolo che occupa), ma anche su ciò che "è" (il personaggio che interpreta). Parodiando la retorica fetish, Lady Gaga ribalta l´orgia di seduzione consumistica cui sembra sottomettersi (…) questo non è un clip che fa l´apologia della violenza, della pornografia o della pubblicità. Ma allora di cosa si tratta? Rappresentazione, incubo, parodia, semplice divertissement? (…) Per certi aspetti, Telephone è un video "queer" - letteralmente strano, eccentrico. Usato come un insulto il cui equivalente sarebbe "sporca lesbica" o "sporco frocio", il termine queer è stato oggetto, nell´America degli anni Novanta, di una progressiva riqualificazione: in poco tempo, si è passato dall´insulto alla rivendicazione, per sottolineare l´importanza della decostruzione delle identità di genere.

Non so se, come dice la Marzano, “il video di Lady Gaga spinge milioni di spettatori ad uscire dai dispositivi culturali dominanti”, di certo la signorina Germanotta ha capito perfettamente certe dinamiche di utilizzo semantico del corpo nell’epoca del biocapitalismo. La forza di Lady Gaga sta nel fatto che riesce a piegare un certo immaginario diffuso basato su sesso e consumo in uno strumento funzionale alla promozione della sua immagine. Non si limita a utilizzare i topos dell’immaginario iperconsumista ma se ne appropria, li rielabora, li estremizza e li ribalta, dimostrando una notevole creatività e una straordinaria consapevolezza.

La musica, poi, finisce per essere solo un pretesto.

domenica 14 marzo 2010

Joe Rospars: making the conversation

Notate quante volte nel video della BBC sui "Digital Giants" Joe Rospars, capo della strategia di comunicazione digitale della campagna di Barack Obama, cita il termine "conversation". Non più un modello broadcast uno-molti e nemmeno un modello relazionale, in cui si ascolta il cliente o l'elettore, ma un modello in cui si apre un vero dialogo con il cliente, il sostenitore, l'elettore, ti confronti con lui e quasi concordi con lui le iniziative da intraprendere.
Attenzione anche all'ultimo passaggio. Rospars afferma che più si diffonderà l'accesso a internet veloce sempre più persone chiederanno di partecipare ai processi di decisione democratica, di decidere e mobilitarsi su questioni concrete, del mondo reale.

E' di oggi la notizia del piano di Obama per portare internet veloce in tutte le case degli americani entro dieci anni.
Il confronto con l'Italia dove il presidente del consiglio vuole invece mettere il bavaglio ai giornalisti televisivi non allineati finisce per risultare ancora più drammatico.

domenica 7 marzo 2010

A cosa serve la rassegna stampa?/1 (e una digressione richiesta dal momento)

Le abitudini consolidate diventano una seconda natura, si sa.
Qualcuno si sveglia la mattina alle 5, entra in una stanza e assonato inizia meccanicamente a scansionare i quotidiani e le riviste. I software cercano le parole chiave relative ai vari clienti e salvano in un'apposita cartella gli articoli dove esse compaiono.
Ogni bravo comunicatore, lavori in agenzia o in azienda o da autonomo, ogni mattina meccanicamente prende il suo caffé e sfoglia la sua rassegna stampa.
Il manager inizia la giornata scorrendo meccanicamente, magari sul suo Blackberry, la sua rassegna stampa e crede così di essersi fatto un quadro di massima della giornata. Di ieri.
In un tempo non lontano (diciamo fino a 15 anni fa) la rassegna stampa riusciva a dar conto del dibattito in seno all'opinione pubblica e delle iniziative di comunicazione delle aziende, che passavano quasi solo attraverso pubblicità, eventi e ufficio stampa.
Oggi stupisce come la pigrizia mentale di aziende e comunicatori non abbia apportato sostanziali modifiche a uno strumento elaborato quando radio e televisione erano agli albori e i social media non venivano nemmeno immaginati nei libri di fantascienza.
Ma proprio mentre scrivo ho letto su Repubblica.it un lancio ANSA che parlava di varie manifestazioni di protesta del popolo viola contro il decreto che ha salvato le liste PdL in Lombardia e Lazio stravolgendo le regole per la presentazione delle liste elettorali. Insoddisfatto della stringatezza del take, sono andato su Facebook, dove uno dei promotori del No cav Day, il giornalista dell'Espresso Alessandro Gilioli, aggiorna oramai il suo blog anche quattro volte al giorno. Lì ho trovato le informazioni che cercavo, compreso l'elenco delle manifestazioni oggi programmate in Italia.
In realtà nel nuovo ciclo della notizia, che si pensava avesse raggiunto la sua saturazione con le televisioni all news, sono stati immessi migliaia di nuove fonti attraverso twitter, facebook e gli altri media sociali e personali. Ma la dilatazione del ciclo della notizia ha portato anche a una velocizzazione delle reazioni sociali, per cui gran parte delle manifestazioni che in questo momento si stanno svolgendo in tutta Italia sono state organizzate in maniera virale attraverso i social media.
Le agenzie di stampa non riescono a dar conto in maniera adeguata del fenomeno (e di tanti altri fatti). Figuriamoci, a sua volta, l'informazione scritta a stampa. Figuriamoci, a sua volta, la buona vecchia rassegna stampa.
In realtà negli Stati Uniti sono stati elaborati negli ultimi mesi strumenti di analisi alquanto raffinata del cosiddetto "buzz online", capaci di monitorare quali sono le idee e i sentimenti della nebulosa in espansione dei fruitori e produttori di social e personal media. Ma a questo punto rimando i lettori al mio prossimo post.
Ora intendo evidenziare che proprio questo incredibile ritardo delle classi dirigenti italiane, ancora legate alle rituali letture della rassegna stampa e del sondaggio d'opinione, potrebbe consentire di ricostruire una coscienza civica in milioni di persone, quasi una terapia intensiva dopo il coma televisivo di questi decenni.
Internet salverà l'Italia, si potrebbe dire banalmente?
No.
Saranno gli italiani a decidere se vogliono salvarsi, ma i social e personal media offrono a loro una possibilità in più, e un alibi in meno.

martedì 2 marzo 2010

Avviso ai naviganti

Per ragioni ancora a me sconosciute questo blog viene visualizzato bene solo da Firefox.
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