lunedì 24 novembre 2008

Branding e imprese di nicchia: consonanza solo parziale



Possiamo definire il branding l'evoluzione in senso cognitivo-esperienziale della comunicazione di prodotto. Il brand sviluppa attorno al prodotto una costellazione di attributi che, per quel determinato mercato cui si rivolge, possono diventare dei valori, fattori di mobilitazione cognitiva. È bene sottolineare che, al contrario di quanto afferma Giampaolo Fabris in “Valore e valori della marca”, il brand non trasferisce valori in assoluto, ma solo in relazione agli orientamenti e alle persuasioni del suo target di riferimento. Il “Just do it” dello swoosh di Nike (lo slogan in questo caso è diventato a tutti gli effetti un attributo di marca sviluppando un positioning, nell'accezione classica di Al Ries e Jack Trout, ben definito) indica intraprendenza, energeticità, autostima, fiducia in se stessi, nelle proprie capacità e nelle capacità di Nike di esse un “enancer” di tutti questi attributi ma non significa nulla o poco per le clienti di Victoria Secrets, il cui interesse viene attivato da una costellazione di attributi quali seduttività, gioco allusivo, creatività erotica. Gli esempi sono infiniti. L'impacchettamento cognitivo che attua il brand attorno al prodotto consente di rivoluzionarne non solo la percezione, ma anche le occasioni di consumo e su questo argomento basti l'esempio classico dello jogurt che fa l'amore con il sapore. Eppure nel branding il prodotto resta sullo sfondo. Per dirla meglio: il prodotto deve senz'altro performare rispetto agli attributi del brand, i capi di Victoria Secrets devono essere davvero eroticamente creativi, le scarpe e gli indumenti Nike devono essere davvero capaci di sviluppare le potenzialità sportive di chi li indossa ma il dove e il come sono stati prodotti sono fattori pressoché indifferenti per i Global Brands, la cui strategia di produzione è spesso fondata sulla ricerca di fornitori del tutto fungibili, siano essi in Sri Lanka o Romania, in Tailandia come in Turchia.

Prevedo che il concetto di branding abbia già oltrepassato il suo acme e si trovi oggi in una fase di stasi che preannuncia un declino in cui molto inciderà la crisi globale dei consumi.

Al contrario dei brand, nelle nicchie di eccellenza il prodotto, la sua storia, le tecniche produttive, il rapporto con il territorio dove si è sviluppata quella specifica abilità o creatività, tornano a essere essenziali per la comunicazione.

Un prodotto di nicchia di eccellenza non è per forza di cose un prodotto artigianale. Non è per forza di cose prodotto su scale piccolissime. Non è per forza di cose costosissimo. Non è per forza di cose vincolato a un ambito limitato, anzi si parla di nicchie globali. Il prodotto di nicchia di eccellenza (PNE) sviluppa un legame estremamente forte tra i produttori, i clienti e il territorio. A tal riguardo parlo di prodotto denso, poiché è al contempo frutto di tecniche produttive di eccellenza e sviluppa anche una mobilitazione cognitiva sul versante emozionale ed esperienziale. I produttori mettono in gioco la loro abilità e la loro creatività per realizzare un prodotto che unisce quasi sempre un sapere antico e la sperimentazione. I consumatori di questi pne sono veri esperti, per cui il prodotto è diventato occasione per appassionarsi ancora di più al settore. Il territorio viene qualificato dalla presenza di aziende che producono pne, non solo grazie a meccanismi mimetici tipici dell'economia di distretto ma anche attraverso una ridistribuzione dei segmenti di mercato, in cui si arriva a sviluppare e a lavorare per delle sottonicchie. Tutto il territorio è trainato verso l'eccellenza. Tuttavia al centro resta l'azienda di alta gamma, la quale è la motrice di questi fenomeni. Il territorio in sé non può essere sinonimo di eccellenza se non trova espressione in realtà aziendali vive e capaci di diventare riconoscibili. Altrimenti non si spiegherebbe perché, nonostante gli alti e bassi delle congiunture, Loro Piana, Zegna, Piacenza Cashmere hanno vinto e le eccellenti (ma misconosciute) realtà tessili di Prato hanno perso.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e