venerdì 17 aprile 2009

Oltre la smaterializzazione del prodotto, l’oggetto cognitivo

Negli anni Ottanta avviene il boom dei servizi. Si inizia a parlare di smaterializzazione del prodotto: quote maggioritarie dei lavoratori vengono impiegate nei servizi, si sostituisce l’acquisto all’uso (il leasing), nella scelta di un bene durevole (una lavatrice, un’auto) le caratteristiche e le performance vengono comparate con i servizi post vendita (garanzia, riparazioni, vicinanza dell’assistenza, ecc.) e spesso questi ultimi risultano decisivi nella scelta finale. Sull’argomento ha scritto parole definitive e anticipatrici Richard Norman ne La gestione strategica dei servizi, che resta per qualità espositiva e contenuti tra i migliori testi mai scritti a riguardo. L’avvento delle tecnologie web e collaborative sembra aver estremizzato questa tendenza: non compri più il cd che avevi prenotato la settimana prima ma ti scarichi subito le canzoni che vuoi dal web (qualche volta sei addirittura disposto a pagare qualcosa).

Eppure la digitalizzazione spiega solo parte delle trasformazioni del mercato e del rapporto tra le persone e i prodotti. È cambiato in realtà il paradigma su cui si fonda la competizione e il successo di un nuovo prodotto, di una nuova azienda, di una nuova organizzazione.

La competizione non avviene tanto sui servizi e sulla smaterializzazione dei prodotti, con i conseguenti e oramai ben noti risparmi in termini di stoccaggio e distribuzione e intermediazione. La competizione avviene sulla capacità delle aziende di produrre oggetti cognitivi. Per oggetto cognitivo intendo un qualcosa, quasi sempre con una base fisica, che rimodella la fruizione e la percezione di un prodotto servizio, arricchendo l’esperienza dell’utente o il coinvolgimento del medesimo. Non per forza l’azienda deve inventare del tutto l’oggetto cognitivo. Semmai l’azienda ha una grande capacità di bricolage cognitivo che le consente di unire in un’architettura tanto fisica quanto simbolica oggetti, servizi e tecnologie già esistenti. Si tratta di uno sforzo che coinvolge tutti i lavoratori della conoscenza mobilitati dall'impresa: ingegneri, designers, professionisti del marketing e della comunicazione,

Classico il caso di Sony, che crea il walkman senza nessuna tecnologia innovativa. Un nuovo oggetto cognitivo ristruttura la percezione dell’intero settore, così come l’iPhone della Apple ha spinto tutti i concorrenti a ripensare le interfacce grafiche e a contatto. Apple, ancora una volta, ha riorganizzato tecnologie che già esistevano, e il vero valore aggiunto è consistito nel costruire un’architettura cognitiva che passava dal design agli applicativi internet, dall’interfaccia alle prestazioni fino agli attributi di marca della casa madre per offrire agli utenti un’esperienza che pareva del tutto nuova.

Tra l’altro, se si va su GSM Arena le valutazioni degli utenti sulle prestazioni dell’iPhone sono di molti decimi di punto inferiori a quelle relative a modelli dei diretti concorrenti come Nokia, Samsung, HTC e Blackberry.

Ma l’icona di questo decennio sarà il cellulare di Steve Jobs. Gli altri hanno realizzato degli ottimi smartphones. Apple ha creato, appunto, un oggetto cognitivo.

4 commenti:

Luce ha detto...

molto interessante questo post.

Ronald Zecca ha detto...

è per questo che si studia la Psicologia nel settore Marketing!
Conta la percezione del cliente finale e non la reale qualità del prodotto stesso.
(Anche se io penso che l'iPhone sia davvero migliore di tutti, in quanto consente una reale esperienza per il fruitore; con gli apparecchi della concorrenza nn puoi scegliere tra migliaia di applicazioni ad hoc.
Inoltre vogliamo parlare del confronto tra Windows Mobile 6 e OSX?)

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e