domenica 5 dicembre 2010

Wikileaks e la crisi del potere nell'epoca digitale


Quali sarebbero le clamorose rivelazioni di Wikileaks? Come ha detto Vauro in una vignetta: “Wikileaks ha scoperto che Berlusconi è un puttaniere inaffidabile” “Quando scopre anche l'acqua calda butta la pasta”. In questo senso i files di Wikileaks non fanno altro che confermare quanto si sapeva già, dall'appoggio saudita e pakistano all'integralismo islamico agli affari tra Berlusconi e Putin, dalla corruzione del governo Karzai ai giudizi crudi sui leader europei. L'unica notizia clamorosa riguarda la richiesta della Clinton di chiedere ai diplomatici USA presso la sede ONU di New York di operare come spie per futuri ricatti ai loro pari grado. Ma si tratta di una infamia annegata tra migliaia di risapute infamie e vergogne e doppiogiochi internazionali che sanno di già visto.

Alla fin fine Wikileaks ha reso disponibili a tutti gli utenti di internet informazioni digitali che erano già disponibili ai 3 milioni di americani che hanno l'accesso alla rete Siprnet del ministero della Difesa. Dunque un grande bluff? No, perché la novità radicale non è nel contenuto delle notizie, bensì nella messa in crisi dell'asimmetria informativa che da sempre ha caratterizzato il rapporto tra Stato e cittadini.

Il potere degli Stati si è sempre basato sul capacità di dominare gli altri poteri attraverso il monopolio della forza e l'accesso a informazioni riservate. Il leviatano e gli arcana imperii non possono essere disgiunti: il potere domina chi gli è sottoposto non solo con l'imposizione della forza ma anche per sottrazione di conoscenza. Hobbes e Tacito hanno individuato le due linee entro le quali il potere statuale si è sviluppato negli ultimi 20 secoli: tutta la scienza della politica dopo di loro si è per lo più rivolta alla costruzione di un apparato formale capace in prima battuta di giustificare e poi, più di recente, di rendere scrutinabile il fondo oscuro del potere.

Wikileaks dimostra nel modo più clamoroso la fragilità attuale degli Stati nel controllare e gestire i contenuti digitali. È scoppiata dunque la bomba informatica che presagiva già undici anni fa nel libro omonimo Paul Virilio, il quale prevedeva che avrebbe desertificato mente e vita degli umani. E invece la bomba scoppiata in faccia ai governanti USA, come bombaroli maldestri.

Ma se scompaiono gli arcana imperii si può continuare a governare il mondo come prima? Si può usare la rete con lo stesso approccio con cui 50 anni fa si usavano le casseforti? (e infatti si parla di codici, di chiavi, e così via) Che senso ha una forza coercitiva paralizzata da troppe informazioni o da informazioni disponibili a tutti? E se l'opposto dell'asimmetria informativa classica fosse una entropia della conoscenza che ci porta verso l'insignificanza?

La caccia all'uomo che si è scatenata contro Julian Assange è indice della debolezza isterica di un potere che si ritrova svelato nella sua inadeguatezza a controllare la rivoluzione digitale. Ma non è detto che i singoli cittadini siano capaci di farlo. Anzi. Siamo tutti in balia della tecnologia, che sembra offrici più potere e conoscenza. Ma rispetto a chi e per che cosa?

Oppure ad avere più potere e conoscenza sarà solo la tecnologia?


(nell'immagine la distribuzione per paesi trattati dei documenti in possesso di Wikileaks)

3 commenti:

Anna Maria Carbone ha detto...

Il re è nudo. Non ci voleva Wikileaks per scoprirlo.
Il potere è in crisi? Forse.
Certamente lo è il modo di gestirlo "per sottrazione di conoscenza".
Quello che sta succedendo, per me, è una cosmica chiamata alla responsabilità, e riguarda tutti.
Riguarda i potenti che, messi alla berlina, dovranno ammettere di non essere semidei e regolarsi di conseguenza.
Riguarda noi che ora non possiamo più disinvoltamente girarci dall'altra parte, non esserci, non capire, non sapere.
"Signori e signore, le maschere sono cadute. Va ora in onda, o va ora online, la realtà".
Abbiamo davanti una grande occasione: quella di smettere di giocare e cominciare a fare sul serio.

Elisa ha detto...

Innanzitutto, la tua domanda conclusiva: secondo me,ad avere più potere sarà la tecnologia.Quanto al resto, ok, adesso sappiamo cose che prima, comunque, potevamo immaginare. Bene. Ma non riesco a togliermi dalla testa una domanda: Assange perché lo fa? A lui, che gliene viene? Niente? Solo "per amor di verità"? Bah... Quanto alla caccia all'uomo, aspetterei a ritenerla ingiustificata: si parla di stupro e, come ho letto recentemente, se è ammissibile pensare che l'accusa sia stata tirata nuovamente in ballo all'uscita di queste "novità", mi sembra altrettanto ammissibile pensare che queste "bombe" siano uscite per far pesare meno quelle accuse. Chi ha ragione, in tutto ciò? Non lo so. Ma, prima d'incoronare troppo in fretta il "paladino della libertà", aspetterei di vederci più chiaro.

Paolo Capelletti ha detto...

io credo che potere e strutture statali non siano più, da molto tempo, la stessa cosa
e credo che l'organo che più soffre della tecnologia sia proprio la struttura governativa tradizionale
che, per quanto obama possa usare facebook – dico per dire –, non ha ancora capito nulla della Rete
del resto
tutti gli uomini e le donne citate nella vicenda wikileaks, tutti coloro i cui "segreti" diplomatici vengono alla luce
sono gli stessi di cui la rete sparla continuamente
macchiette da infangare
simboli flaccidi di un potere altro
vittime designate
tu dici: "Siamo tutti in balia della tecnologia, che sembra offrici più potere e conoscenza"
mi trovo tendenzialmente d'accordo, anche se le categorie "tecnologia", "potere", "conoscenza" sono delicate e vanno intese
io su questo, sono abbastanza il tipo di Foucault. Ma lui stesso si è dovuto ricredere su molte cose