La comunicazione
passerà sempre più attraverso le immagini? Le tendenze degli ultimi mesi
sembrano confermare questa intuizione. Il recente lancio di Axis da parte di
Yahoo punta a costruire ricerche sul web più basate sull’intuizione visuale
offerta dai thumbnails che sulle strategie testuali che caratterizzano i motori
di ricerca classici. Sul fronte dei media sociali Pinterest è il media del
momento, con ritmi di espansione come nessun altro. Tumblr cresce a ritmi
superiori al 200% all’anno per utenti unici e si diffonde soprattutto tra i giovanissimi. Ad un anno e
mezzo dal lancio Instagram ha raggiunto oltre 30 milioni di utenti.
La preponderante fruizione
di internet attraverso gli smartphones e i tablet spinge a graficizzare le
informazioni mentre i testi lunghi (20 righe?) diventano marginali. Emerge un’arte
del commento (Tumblr), della didascalia (Pinterest), della titolazione del link
(Twitter).
Cosa implicano
queste tendenze per chi si occupa tecnicamente di comunicazione ma anche per
chi studia la etologia del web? Davvero tutto quello che è intuitivo, breve,
cromaticamente gradevole porterà a migliorare l’efficacia della comunicazione e
delle interelazioni tra i soggetti?
Umberto Eco ricordava
in un suo testo come una società, come quella medioevale, che comunicava essenzialmente
attraverso le immagini (delle chiese) non poteva che essere autoritaria. Aggiungo
da parte mia che la dittatura del kitsch e del conformismo passa sempre attraverso
immagini “belle” e “rasserenanti”. La pubblicità dopotutto da sempre lavora con
immagini che provano a imporsi da sé, apofanticamente. Si tratta dunque di un
meccanismo mentale non nuovo: anche il brand punta a costruire associazioni di
valori e di rimandi che non hanno altro legame se non la giustapposizione visuale
di immagini metaforiche.
Ma poggiarsi
sulla forza metaforica che ha in sé ogni immagine può essere a volte un’escamotage
per rinunciare allo sforzo di un pensiero consecutivo e quindi smentibile.
I media sociali
sono per loro natura “spreadable” come dice Henry Jenkins, ovvero “diffusivi”,
si estendono e si trasformano inglobando componenti eteroclite ma modellano i
contenuti sulla base delle loro logiche. Un predominio attuale o futuro di
forme di comunicazione digitale visuali potrebbe portare a un arretramento,
forse specie tra i più giovani, della capacità di condividere critiche e
analisi che tanto atterrisce le classi dirigenti di tanti paesi quando pensano
alla rete. Una strategia di comunicazione aziendale centrata sulle immagini si
augura, implicitamente o no, di avere dei fan e non dei soggetti interessati a
coinvolgersi in una conversazione che può a volte essere defatigante. Dopotutto
chiunque sa che è difficile lasciare commenti lunghi se fruisci di un contenuto
attraverso un dispositivo telefonico. Non si tratta di essere banalmente
apocalittici ma di prendere atto che ogni habitat digitale definisce le
condizioni e le logiche del successo e del predominio in esso. Però con una
sostanziale differenza rispetto agli habitat naturali, la quale consiste nel
fatto che l’habitat digitale è frutto della logica di partenza quanto anche
delle infinite strategie di utilizzo del media dei suoi fruitori. A tal
proposito segnalo il pinboard di Pinterest dedicato al libro Timira di Wu Ming2, dove la visualità del media viene inquadrata in un indirizzo interpretativo
chiaro, al di là della sua condivisibilità.
Tra web testuale
e web visuale continuo a preferire un utilizzo intelligente del web.