Se ai tempi Dante Alighieri o di Cicerone fossero esistiti i diritti d'autore forse la Divina Commedia e le Epistole non sarebbero arrivate fino a noi. La creazione di contenuti testuali è stata per secoli un atto di sostanziale gratuità, frutto dei talenti di chi li componeva. Poi la stampa ha creato una filiera produttiva e commerciale attorno al testo che arrivata a codificarsi in leggi che consentono a figli e nipoti degli autori di fruire dei proventi delle opere degli antenati.
Ma un testo non un palazzo da cui trarre una rendita attraverso gli affitti, da lasciare poi ai nipoti in eredità. Un testo, in qualsiasi forma esso venga redatto, è frutto di una intelligenza sociale, stratificata nei secoli, che l'autore ha assorbito nel corso della sua formazione. In molti casi vi è il tocco del genio, che elabora i contenuti automamente e in maniera radicalmente innovativa. Ma perché figli e nipoti mediocri dovrebbero guadagnare grazie al parente genio?
Dopo secoli il digitale sta rompendo tutte le barriere che la cultura del copyright aveva creato attorno ai contenuti. Siamo già dentro un'epoca in cui i contenuti sono gratuiti o costano una cifra irrisoria. Pertanto il mero possesso di un contenuto non garantisce quasi più nessuna rendita, nessun vantaggio competitivo su cui costruire una strategia.
La leva di marketing diventa non tanto il contenuto in sé, ma la capacità di diffondere nella maniera più appropriata i contenuti gratuiti, sviluppando attorno ad essi attenzione, reputazione, rilevanza.