Molti studiosi sociali, economisti, giornalisti evidenziano la precarietà e l'esigità dei salari delle nuove professioni legate all'economia dell'immateriale. Sono considerazioni giuste ma estremamente riduttive, eppure finora dominanti, basti pensare anche agli slogan come la "generazione milleuro" in Italia o ai "milleuristas" spagnoli. Ma partire dal puro dato salariale crea numerose distorsioni di prospettiva. Si mettono così nello stesso calderone sociale soggetti diversissimi: un cocopro ministeriale, che guadagna mille euro e lavora dalle sei alle otto ore al giorno fa un lavoro radicalmente diverso da quello di un junior account di un agenzia di comunicazione o di pubblicità, da un tirocinante in un studio legale (che guadagna ancora meno, se li guadagna), da uno sviluppatore software che galleggiano anch'essi attorno ai mille euro di entrate mensili. In un caso si tratta di classiche mansioni burocratiche oggi profondamente precarizzate da scelte legislative sciagurate, ma almeno alle 14 o alle 16 si stacca e si può usare la seconda parte della giornata per se stessi. Nel secondo caso magari si esce dall'ufficio a notte fonda e mai prima delle 20, ti viene richiesto di attivare la tua creatività, le tue abilità relazionali, i tuoi hobby a volte, e anche la tua resistenza fisica. Salta la separazione tra mondo del lavoro e mondo privato, visto che usciti dall'ufficio a una certa ora si vuole solo mangiare e dormire. Per i sentimenti, le amicizie, le passioni resta il weekend, se non si hanno scadenze su cui lavorare.
Appare allora paradossale il rovesciamento che viene operato nelle esistenze dei soggetti dell'immateriale: tanto piu' densa e creativa diventa la giornata lavorativa, tanto piu' povera e basilare diventa la vita privata.
Le pulsioni all'autorealizzazione delle proprie potenzialità esistenziali, della propria creatività, che hanno spinto in tanti a lavorare nell'immateriale, si sviluppano e vengono sfruttate solo dal e nel ciclo lavorativo, il quale finisce per controllare l'intera giornata di questi soggetti.
Eppure c'è ancora chi pensa che basterebbe solo aumentare i salari.
venerdì 12 ottobre 2007
Non si vive di solo salario
Etichette:
economia della conoscenza,
sociologia
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1 commento:
Ma se si aumentano i salari, almeno... Si è più contenti oppure no? Lo so, lo so, è un discorso... Materiale (oppure leggi: oggettivo / di consolazione).
Rimanendo nel tema della comunicazione, il buon comunicatore in azienda (il quale però - e ci tengo a sottolinearlo - dovrebbe almeno entrare prima delle 9 in ufficio, cosa che invece di rado succede nelle agenzie - almeno qua a Roma...) dovrebbe essere bravo ad accompagnare l'agenzia (ed il suo referente) fino a tardo pomeriggio, perché poi, alla fine, il lavoro va presentato proprio a lui, e quindi in fin dei conti gli tornerebbe utili sforzarsi un poco...
E tornando al tema di materialità / immaterialità, a volte ciò che è solo "materiale" è così necessariamente "vicino a noi" che diventa inevitabilmente un nostro punto di riferimento (positivo o negativo non so), un fine a cui tendere, ma che non ci permette di vedere la vita con un po' più di distacco, ed in certi casi di ottimismo. Tale equilibrio ci farebbe notare anche quello che si ha, che spesso è più di quello che tanti ancora cercano... E potrei scrivere molto di più di queste cose abbastanza scontate ma che a volte è bene ricordare.
Buon fine settimana...
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