Si crea valore
attraverso l’induzione di senso.
Non starò a
ragionare se si tratta di valore reale o di valore percepito. Oggi questa è una
discussione senza possibili sbocchi poiché in campo aziendale il valore è il
prezzo monetario o il costo opportunità che un soggetto è disposto a sopportare
a fronte della fruizione di un bene o di un servizio.
Dunque è il
senso, ovvero la costruzione cognitiva, le attese esperienziali, la fruizione
simbolica che è all’origine di ogni valore che viene poi messo a disposizione sui
mercati evoluti. Il senso, etimologicamente, dà una indicazione di marcia, può
orientare chi ne fruisce verso certe scelte che sono ritenute capaci di incrementare
il proprio benessere o arricchire la propria esistenza: si sa che gli individui
meno consapevoli di una società secolarizzata trovano nei consumi un senso (intesi
come obiettivi e gratificazioni verso cui indirizzarsi) all’esistenza. La
ricerca di senso è passata però dall’ambizione a un mero possesso materiale al
desiderio di fruire di contenuti o di esperienze immateriali.
La costruzione di
senso è la capacità di rispondere a una richiesta del fruitore che va al di là
di una scelta dettata da bisogni fisici immediati. Nel mercato-mondo ad alto
potenziale (che non è solo quello cosiddetto “occidentale” ma è composto da
tutti gli acquirenti affluenti) i soggetti cercano costantemente attraverso
transazioni economiche, informative o relazionali un senso che renda la propria
esistenza più “piena”, più “completa”, insomma meno ordinaria. Che si proponga
una degustazione di cioccolato di alta gamma o la riscoperta di frutta biologica,
che si offra la possibilità di acquisire od organizzare informazioni utili o
divertenti attraverso uno smartphone, che si venda la possibilità di relazioni
affettive o sessuali attraverso appositi siti web, al centro vi è la necessità
di centinaia di milioni di individui nel mondo di processare le informazioni in
maniera competente e di acquisire senso attraverso il consumo di un insieme cognitivo
che può attivare anche funzioni sensoriali
Per questo il
concetto di senso che provo ad esporre non deve essere inteso solo come un
elemento cognitivo ma anche come uno degli elementi percettivi basilari di ogni
esistenza: come dimostrano le più recenti ricerche di neuromarketing l’attivazione
di determinati sensi (l’olfatto, per esempio) attiva la produzione di
serotonina e di altri neurotrasmettitori che incrementano le sensazioni di
benessere e di entusiasmo. Gli oggetti o i servizi a più alto valore aggiunto
comprendono un forte coinvolgimento sensoriale. Vedere un gran premio di formula 1 sulla tv di
Stato o su una pay tv sono esperienze radicalmente diverse anche da un punto di
vista sensoriale ed è per questo che viene loro attribuito un valore nettamente
diverso.
Alla classica
diade marxiana tra valore d’uso e valore di scambio si può aggiungere il valore
di senso, elemento pregiato proprio di un’economia che si basa sugli scambi di
informazione (contenuti) e di relazione tra individui che sono essi stessi
produttori e non solo passivi fruitori di questi scambi.
Quale è il ruolo
del comunicatore in questo processo? Il comunicatore è capace di indurre senso
o solamente deve relegarsi a trasferire contenuti decisi spesso da altri?
(continua)
1 commento:
Diciamo che il comunicatore dovrebbe essere in grado di negoziare senso con l'imprenditore e trasferirlo poi agli stakeholder, penso sia questa l'essenza di una professione che deve vederci protagonisti nel saperci trasformare da meri "passatori di informazioni" a costruttori di consenso basato sulle esperienze. Dobbiamo scambiare il più alto valore aggiunto percepito dall'utente finale con della buona reputazione, e poi spendere quest'ultima comprando migliori orientamenti d'acquisto ;)
Luca
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