sabato 14 marzo 2009

Un credito "knowledge-driven"


La crisi finanziaria globale ha svelato come i criteri di assegnazione del credito si basavano su valutazioni irrealistiche della capacità di produrre reddito delle famiglie e su aspettative a dir poco ottimistiche sulla capacità del mercato immobiliare di crescere indefinitamente.
Si arrivava all’assurdo di indebitarsi ben oltre le proprie possibilità per comprare una casa che poi veniva utilizzata come garanzia per ottenere altro credito circolante.
Certo, dietro queste politiche vi era una chiara opzione politica di sostenere la crescita attraverso i consumi a debito: una specie di personal deficit spending mentre negli USA il deficit spending statale era indirizzato nelle “guerre umanitarie” di Bush (salvo poi dire “I was wrong, sorry”).
La assoluta irrazionalità degli assunti sulla base dei quali si distribuiva credito ne svela in realtà la ordinaria arbitrarietà. Le banche sono aduse a utilizzare parametri diversissimi di valutazione del rischio a seconda che il richiedente possa vantare una buona patrimonializzazione o buone relazioni, se possa vantare un’azienda in salute o un’idea sostenuta da forti sponsor politici. Certo, vi sono dei modelli di risk management piuttosto raffinati ma basta una telefonata o la correzione di un parametro e un semaforo rosso diventa immediatamente verde.
Ma allora se l’allocazione del credito è stata finora tanto arbitraria sarebbe più sensato, sulla scorta dei modelli sviluppati negli ultimi anni di valutazione degli “intangible assets” di un’impresa, iniziare a concedere credito ai giovani sulla base della conoscenza/formazione da loro accumulata, sulla base della loro reputazione professionale (potrebbero farsi garanti aziende e singoli disposti a farli lavorare), riconoscendo a questi giovani la possibilità di creare valore aggiunto al contesto sociale e culturale in cui andrebbero a lavorare, anche oltre l’attività professionale in quanto tale. Un giorno, oltrepassata la crisi del credito, bisognerà pensare al credito indirizzato verso i giovani talenti non più o solo come prestito d’onore o valorizzazione delle idee ma soprattutto come forma di investimento sul contesto sociale che si vuole realizzare.
Ci si augura solo che, quando la crisi sarà passata, esisterà ancora un’economia della conoscenza italiana capace di assorbire nuove professionalità.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

La formazione e la cultura come parametro tangibile per la concessione di credito e, di conseguenza, per giudicare l'affidabilità e le potenzialità di una persona?
Sembra utopia in questo momento, eppure, pensandoci appena un attimo, è una delle cose più scontate verso cui si dovrebbe indirizzare il mercato.
Delle ricerche hanno dimostrato in maniera tangibile come la cultura e la formazione siano i fattori fondamentali per giungere alla capacità di decidere autonomamente in qualunque occasione e, dunque, di garantire un maggiore sviluppo anche economico. Cultura ed economia, dunque, non sono legate solo da un'utopica fratellanza. Ci sono legami scientifici che le accoppiano, ma l'Italia non se n'è ancora accorta.

Anonimo ha detto...

good start

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny