sabato 20 ottobre 2007

Era meglio fare i tassisti...

Che futuro può avere un modello sociale come quello italiano in cui un tassista con la terza media arriva a guadagnare in città come Roma o Milano fino a 5.000 euro al mese, in gran parte esentasse, mentre un trentenne con lauree, specializzazioni anche all'estero e conoscenza di piu' lingue straniere spesso non arriva a 1200 euro al mese?

martedì 16 ottobre 2007

Tutti capitalisti?

Per Enzo Rullani e Aldo Bonomi (vedi scheda: http://www.einaudi.it/einaudi/ita/catalogo/scheda.jsp?isbn=978880616119&ed=87)
i "capitalisti personali" sono "l'asse portante della nuova composizione sociale che sta emergendo nella transizione verso il postfordismo". Ma chi sono questi capitalisti personali? I due autori mettono dentro questa definizione imprenditori, liberi professionisti, lavoratori della conoscenza, addirittura sportivi e artisti. Facile così arrivare a dire che questa categoria-ombrellone più che ombrello, rappresenta il 50% dell'intera forza lavoro nazionale.
Uno dei temi di questo blog, se non il principale, sono i lavoratori della conoscenza, i quali in grandissima parte, nonostante gli auspici di Rullani e Bonomi, non avranno mai il controllo autonomo del loro lavoro, saranno pertanto lavoratori subordinati e comandati, al di là delle definizioni formali dei contratti che firmeranno.
La vera questione, secondo chi scrive, non è diventare tutti capitalisti quanto semmai il dramma di un paese come l'Italia che punta pochissimo sull'economia della conoscenza e dell'intangibile e finisce quindi per deprimere la creatività e frustrare le ambizioni salariali e le aspettative sulla qualità della vita di coloro che vi lavorano.

venerdì 12 ottobre 2007

Non si vive di solo salario

Molti studiosi sociali, economisti, giornalisti evidenziano la precarietà e l'esigità dei salari delle nuove professioni legate all'economia dell'immateriale. Sono considerazioni giuste ma estremamente riduttive, eppure finora dominanti, basti pensare anche agli slogan come la "generazione milleuro" in Italia o ai "milleuristas" spagnoli. Ma partire dal puro dato salariale crea numerose distorsioni di prospettiva. Si mettono così nello stesso calderone sociale soggetti diversissimi: un cocopro ministeriale, che guadagna mille euro e lavora dalle sei alle otto ore al giorno fa un lavoro radicalmente diverso da quello di un junior account di un agenzia di comunicazione o di pubblicità, da un tirocinante in un studio legale (che guadagna ancora meno, se li guadagna), da uno sviluppatore software che galleggiano anch'essi attorno ai mille euro di entrate mensili. In un caso si tratta di classiche mansioni burocratiche oggi profondamente precarizzate da scelte legislative sciagurate, ma almeno alle 14 o alle 16 si stacca e si può usare la seconda parte della giornata per se stessi. Nel secondo caso magari si esce dall'ufficio a notte fonda e mai prima delle 20, ti viene richiesto di attivare la tua creatività, le tue abilità relazionali, i tuoi hobby a volte, e anche la tua resistenza fisica. Salta la separazione tra mondo del lavoro e mondo privato, visto che usciti dall'ufficio a una certa ora si vuole solo mangiare e dormire. Per i sentimenti, le amicizie, le passioni resta il weekend, se non si hanno scadenze su cui lavorare.
Appare allora paradossale il rovesciamento che viene operato nelle esistenze dei soggetti dell'immateriale: tanto piu' densa e creativa diventa la giornata lavorativa, tanto piu' povera e basilare diventa la vita privata.
Le pulsioni all'autorealizzazione delle proprie potenzialità esistenziali, della propria creatività, che hanno spinto in tanti a lavorare nell'immateriale, si sviluppano e vengono sfruttate solo dal e nel ciclo lavorativo, il quale finisce per controllare l'intera giornata di questi soggetti.
Eppure c'è ancora chi pensa che basterebbe solo aumentare i salari.

martedì 9 ottobre 2007

Le professioni dell'economia dell'immateriale sono sempre più numerose quanto prive di visibilità, di diritti, spesso di prospettive e di progetti di vita. Consulenti in svariati ambiti, product manager, pubblicitari, informatici, formatori, ricercatori, giornalisti free lance, giovani professionisti delle vecchie attività liberali (architetti, ingegneri, avvocati, ecc.) vivono tutti in una duplice contraddizione: un lavoro senza un output materiale, in cui non ci si sporca né si suda, spesso con una significativa componente creativa, considerati dall'esterno "fighi", ad alta relazionalità, e tuttavia queste attività lavorative sono spesse pagate poco, richiedono la destrutturazione dei tempi di vita mentre interessi passioni relazioni dei singoli sono spesso utilizzati per produrre nuova creatività o nuovi servizi a vantaggio dei "clienti".
Milano offre un osservatorio privilegiato su queste nuove dimensioni professionali ed esistenziali, eppure nessuno finora ha tematizzato questa condizione. Pertanto le nuove professionalità restano per lo più invisibili o, peggio, incomprese e trattate con sufficienza.
Ne può (deve) nascere una riflessione collettiva, anche attraverso la successiva realizzazione di un sito web, di una mailing list, di meet ups e una rete di soggettività che condividono le medesime istanze e l'obiettivo di portare nell'arena del dibattito nazionale la riflessione sulle nuove forme di lavoro e di vita.