Ebbene, qualche riflessione sul diritto al non voto e su un post precedente l'ho fatta nei giorni scorsi. Risultato: votare per questa politica e per questa sinistra che chiede gli atti di fede e reagisce stizzita alle critiche di chi come chi scrive si e' esposto per anni (pagandone anche qualche prezzo personale) nemmeno a parlarne, resto fermo nel mio intento, fortemente politico, non antipolitico.
Ma esplicitare il diritto al non voto con la procedura che presento di seguito e' un'idea da prendere in considerazione...
Non ti senti rappresentato? Vuoi andare a votare ma non sai chi votare? perchè le liste e i candidati non ti piacciono? Siamo in tanti lo sai, non sei il solo. Non fare l'errore di dare il voto "ai meno peggio" o di votare "tappando naso e occhi". Vota di non votare.
Vai al seggio e fai scrivere a verbale le ragioni del tuo dissenso. Puoi farlo, fallo e fatti valere.
Hai il diritto di esprimere il tuo disagio. Hai il diritto di far sapere che manca una vera rappresentanza democratica. E' semplicissimo ed è un tuo diritto riconosciuto dalla legge elettorale.
Se resti a casa e non voti non sarai considerato. Se annulli o lasci scheda bianca verranno conteggiate a favore della lista che ha preso più voti (vedere l'assurdo calcolo per il premio di maggioranza). Non avere paura, non vergognarti. Chi sarà eletto non si vergognerà di tassarti, di creare più burocrazia, di darti una pensione da fame, di mandare te e i tuoi figli in scuole e ospedali fatiscenti.
Invece c'è un'altra soluzione semplice:
1) ANDARE A VOTARE, PRESENTARSI CON I DOCUMENTI + TESSERA ELETTORALE E FARSI VIDIMARE LA SCHEDA (portate con voi il documento allegato, facendo attenzione al punto 5 dell'art. 104, la parte in grassetto).
2) ESERCITARE IL DIRITTO DI RIFIUTARE LA SCHEDA (DOPO LA VIDIMAZIONE), dicendo: "Rifiuto la scheda per protesta, e chiedo che sia verbalizzato!"
3) PRETENDERE CHE VENGA VERBALIZZATO IL RIFIUTO DELLA SCHEDA. SE IL COMMISSARIO SI RIFIUTA MOSTRATE IL PUNTO 5 DELL'ART. 104 DEL D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (in grassetto del documento allegato)
4) ESERCITARE IL PROPRIO DIRITTO DI AGGIUNGERE, IN CALCE AL VERBALE, UN COMMENTO CHE GIUSTIFICHI IL RIFIUTO (ad esempio, ma ognuno decida il suo motivo: "Nessuno dei politici inseriti nelle liste mi rappresenta")(D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 - Art. 104, GIÀ citato)
COSÌ FACENDO NON VOTERETE, ED EVITERETE CHE IL VOTO, NULLO O BIANCO, SIA CONTEGGIATO COME QUOTA PREMIO PER IL PARTITO CON PIÙ VOTI!!
Non cedere alla retorica, alle promesse, se vuoi veramente cambiare, se vuoi veramente facce nuove, se vuoi veramente persone che non ti prendano più in giro, esercita il non voto.
VOTA DI NON VOTARE
sabato 29 marzo 2008
Sempre sul diritto al non voto
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politica
mercoledì 19 marzo 2008
Indifferenze quotidiane
Nel frastuono degli impegni quotidiani, delle ansie presenti e future, un dramma globale o nazionale diventa solo una notizia di un telegiornale con cui accompagnare un pasto o una chiacchiera con gli amici. La reazione alle notizie oscilla tra il "non mi importa" e il "grave ma non ho tempo", oppure, al massimo, l'indignazione resta frenata dalla considerazione della nostra inanità.
Al riguardo il maestro Gabriele Mandel Khan,vicario generale della Confraternita sufi Jerrani-Halveti, scrive parole illuminanti, su cui vale la pena riflettere:
"Contro la forza la ragion non vale. Che cosa possiamo fare mai? Le prevaricazioni dettate dalla sete di potere, dall’egoismo economico, dall’interesse personale sono molte e molte, e le dimostrazioni lampanti che la Natura si ribella a questo stato di cose sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti. Ciò dipende in parte anche dall’egoismo personale che si annida in ciascuno di noi, e dalla neghittosità che ci fa dire: «Tanto tocca agli altri e non a me.»
E’ pur vero: una marcia e una fiaccolata ci sistemano la nostra coscienza, ma non toccano gli interessi dei potenti malvagi; le molte e molte lettere rimangono carta straccia e vengono cestinate con una risata; l’opinione pubblica suscita in loro, nel maggior numero di casi, una semplice scrollatina di spalle.
Che fare? Non demordere, non spegnere la fiamma della speranza che brilla in ciascuno di noi. Anzitutto i potenti sono tali perché si appoggiano sull’egoismo e l’indifferenza dei molti, ma soprattutto sulla loro ignoranza. Smetterla allora anzitutto di pensare che l’altro non è noi e quindi che ogni prevaricazione malvagia sull’altro non ci tocca; nutrire un amore per i valori umani e rispettarli ad ogni costo in prima persona, anche se ci costa fatica; e vincere la nostra e l’altrui ignoranza imparando e insegnando, insegnando e insegnando. “Tutto conoscere per tutto amare”. Lettere, comunicazioni, conferenze opuscoli; leggere, imparare, tenerci per mano nella via della Conoscenza. E continuare, continuare, continuare a far sentire la nostra voce, tenendo presente questa semplice novelletta sufi:
Un grande incendio iniziò a divorare la foresta. Il possente capobranco degli elefanti corse al lago, empì la proboscide di acqua e andò a buttarla sulle fiamme. Così continuò, corsa dopo corsa, sotto gli occhi ammirati del suo branco che acclamava all’impresa. Un passerotto pensò di collaborare anche lui, con le sue poche risorse: corse al lago, prese una goccia d’acqua nel becco e sorvolando la foresta la lasciò cadere. Ripeté il volo più volte, ma il branco degli elefanti si mise a ridere e a schernirlo gridando: «Che credi mai di fare? Guarda quanta acqua porta il nostro capobranco. Che è mai la goccia che porti nel tuo becco?» Al che il passerotto rispose: «Ognuno secondo la sua possibilità. Posso portare una sola goccia, ed è bene che porti anche una sola minuscola goccia anziché restarmene a guardare senza far nulla.» Lo sentirono anche tutti gli altri uccellini dell’aria, e rincuorati da quella affermazione esclamarono: «Ma allora anche noi possiamo fare qualcosa, anche noi siamo utili.» Volarono tutti al lago, presero ciascuno una goccia nel beccuccio e lasciarono cadere sopra la foresta in fiamme una gran pioggia di gocce minute, e così volo dopo volo la foresta in fiamme fu di continua bombardata da una pioggia di gocce minute e l’incendio fu spento.
E chi ha orecchie per intendere intenda.
Gabriele Mandel khân, vicario per l’Italia della Confraternita sufi Jerrahi-Halveti
Al riguardo il maestro Gabriele Mandel Khan,vicario generale della Confraternita sufi Jerrani-Halveti, scrive parole illuminanti, su cui vale la pena riflettere:
"Contro la forza la ragion non vale. Che cosa possiamo fare mai? Le prevaricazioni dettate dalla sete di potere, dall’egoismo economico, dall’interesse personale sono molte e molte, e le dimostrazioni lampanti che la Natura si ribella a questo stato di cose sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti. Ciò dipende in parte anche dall’egoismo personale che si annida in ciascuno di noi, e dalla neghittosità che ci fa dire: «Tanto tocca agli altri e non a me.»
E’ pur vero: una marcia e una fiaccolata ci sistemano la nostra coscienza, ma non toccano gli interessi dei potenti malvagi; le molte e molte lettere rimangono carta straccia e vengono cestinate con una risata; l’opinione pubblica suscita in loro, nel maggior numero di casi, una semplice scrollatina di spalle.
Che fare? Non demordere, non spegnere la fiamma della speranza che brilla in ciascuno di noi. Anzitutto i potenti sono tali perché si appoggiano sull’egoismo e l’indifferenza dei molti, ma soprattutto sulla loro ignoranza. Smetterla allora anzitutto di pensare che l’altro non è noi e quindi che ogni prevaricazione malvagia sull’altro non ci tocca; nutrire un amore per i valori umani e rispettarli ad ogni costo in prima persona, anche se ci costa fatica; e vincere la nostra e l’altrui ignoranza imparando e insegnando, insegnando e insegnando. “Tutto conoscere per tutto amare”. Lettere, comunicazioni, conferenze opuscoli; leggere, imparare, tenerci per mano nella via della Conoscenza. E continuare, continuare, continuare a far sentire la nostra voce, tenendo presente questa semplice novelletta sufi:
Un grande incendio iniziò a divorare la foresta. Il possente capobranco degli elefanti corse al lago, empì la proboscide di acqua e andò a buttarla sulle fiamme. Così continuò, corsa dopo corsa, sotto gli occhi ammirati del suo branco che acclamava all’impresa. Un passerotto pensò di collaborare anche lui, con le sue poche risorse: corse al lago, prese una goccia d’acqua nel becco e sorvolando la foresta la lasciò cadere. Ripeté il volo più volte, ma il branco degli elefanti si mise a ridere e a schernirlo gridando: «Che credi mai di fare? Guarda quanta acqua porta il nostro capobranco. Che è mai la goccia che porti nel tuo becco?» Al che il passerotto rispose: «Ognuno secondo la sua possibilità. Posso portare una sola goccia, ed è bene che porti anche una sola minuscola goccia anziché restarmene a guardare senza far nulla.» Lo sentirono anche tutti gli altri uccellini dell’aria, e rincuorati da quella affermazione esclamarono: «Ma allora anche noi possiamo fare qualcosa, anche noi siamo utili.» Volarono tutti al lago, presero ciascuno una goccia nel beccuccio e lasciarono cadere sopra la foresta in fiamme una gran pioggia di gocce minute, e così volo dopo volo la foresta in fiamme fu di continua bombardata da una pioggia di gocce minute e l’incendio fu spento.
E chi ha orecchie per intendere intenda.
Gabriele Mandel khân, vicario per l’Italia della Confraternita sufi Jerrahi-Halveti
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altrove
sabato 15 marzo 2008
Saviano e la vita di scambio
Saviano su Repubblica di oggi non dice nulla di nuovo per chi ha vissuto e ha fatto politica al Sud (o continua a farla). La differenza e' che Saviano ha ancora l'indignazione per raccontare quanto i media e i partiti tentano di rimuovere e di far dimenticare: senza la criminalita' organizzata non solo crollerebbero gli equilibri sociali ed economici del Sud ma verrebbero meno anche tante risorse della finanza italiana.
Alle considerazioni di Saviano aggiungerei solo che la situazione e' peggio di quella che descrive: alle ultime elezioni cui ho partecipato ho visto ragazzi provenienti da famiglie senza problemi economici che avevano scelto chi votare solo perche' il candidato gli aveva offerto una pizza.
Alle considerazioni di Saviano aggiungerei solo che la situazione e' peggio di quella che descrive: alle ultime elezioni cui ho partecipato ho visto ragazzi provenienti da famiglie senza problemi economici che avevano scelto chi votare solo perche' il candidato gli aveva offerto una pizza.
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vita italiana
martedì 4 marzo 2008
Non cambiate Governo. Cambiate Paese.
Il manifesto mi sembra meno una boutade che un invito realistico, soprattutto ai giovani.
Non andrò a votare alle prossime elezioni per non legittimare con il mio voto una classe dirigente di sinistra assolutamente inadeguata. Mentre il Partito Democratico candida insulse parioline di buone relazioni che dovrebbero rappresentare i tanti giovani che fanno tutti i giorni una fatica frustrante a trovare una propria strada, la Sinistra Arcobaleno è oggi composta solo da persone di apparato che hanno trovato nei vari partiti, in particolare in Rifondazione, un rifugio e uno stipendio che nessun altro riconoscerebbe alla loro incapacità, quasi esistenziale. Gente che mai hanno vissuto le fatiche del vivere che attraversa oggi l'Italia, ragazzotti che sono arrivati in Parlamento o in Direzione nazionale grazie ai pomeriggi passati a bighellonare nelle varie Federazioni, un leader nazionale che lancia slogan sociali in televisione per poi passare le serate nei salotti più reazionari di Roma: no, questi non possono meritare il voto di chi crede nell'uguaglianza della dignità e delle opportunità per le persone.
Questa presunta Sinistra merita di crollare, questi presunti dirigenti meritano di vedersi ridurre fortemente il contributo pubblico ai loro partiti che consente loro di parassitare con i loro accoliti sulle attese dei tanti che si trovano nella parte infera della società italiana.
Vi sono momenti nella storia in cui una sconfitta può essere l'unico modo per togliere di mezzo una classe dirigente inadeguata ed essa stessa artefice della sconfitta.
Non per rinunciare ma per ricominciare.
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